26.10.2021 Icon

La prova della natura affidata va fornita mediante la produzione del contratto

Nell’ambito dell’eccezione di prescrizione sollevata da un istituto di credito, convenuto in giudizio da un correntista per accertare l’asserita illegittimità di alcuni addebiti intervenuti nel corso dei rapporti di conto corrente ed ottenerne la ripetizione, grava sul cliente l’onere di produrre in giudizio i documenti da cui si evinca la natura affidata dei rapporti oggetto di giudizio, senza che possa essere dato accesso alla figura del c.d. fido di fatto.

Nel provvedimento in commento il Tribunale di Reggio Calabria, dopo aver ripercorso l’indirizzo giurisprudenziale dettato dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 24418/2010 ed aver riepilogato la tesi attorea (secondo la quale la Banca avrebbe concesso un extra fido di fatto e tutte le rimesse intervenute sul conto corrente avrebbero dovuto considerarsi ripristinatorie), ha precisato che, laddove i rapporti bancari oggetto di contestazione siano sorti in un periodo in cui già vigeva l’obbligo della forma scritta ad substantiam, previsto dall’art. 117 TUB, la prova dell’esistenza del contratto di affidamento deve essere fornita solo tramite la produzione del contratto scritto, essendo la forma scritta richiesta a pena di nullità del negozio.

Inoltre, l’onere della prova circa l’esistenza dell’affidamento, grava – dinanzi alla precisa eccezione di prescrizione sollevata dalla Banca – su parte attrice.

Il Giudice ha poi proseguito, precisando che “nell’ordinamento non vi è spazio per la figura del “fido di fatto”, ossia di un fido ricavabile sulla base degli estratti conto e di una serie di indici da cui desumere che l’istituto di credito, pur non formalizzando un contratto scritto, abbia di fatto, con comportamenti concludenti, concesso un fido sul conto al cliente, in quanto il contratto di affidamento ha un requisito di forma prescritto a pena di nullità, che se non rispettato non consente di attingere aliunde alla prova della sua esistenza. Ciò significa che parte attrice non può invocare l’esistenza di un extra fido di fatto, rectius di un fido maggiore di quello risultante contrattualmente, se non fornendo la prova scritta”.

Sulla scorta di tali considerazioni, dunque, il Giudice ha ritenuto prescritte le sole rimesse superiori ai fidi temporalmente vigenti come documentalmente provati, peraltro dalla Banca convenuta.

Sempre nell’ambito di tale eccezione, il Tribunale ha preso posizione anche sulla metodologia di ricostruzione contabile da adottare in sede di CTU, precisando di condividere quella assunta dal consulente nominato, il quale ha scomputato le singole rimesse prescritte sul saldo banca e non sul saldo ricalcolato.

Del resto, prosegue il Giudice, “pur non ignorandosi le pronunce della giurisprudenza di legittimità che hanno invece ritenuto che la verifica delle poste prescritte debba effettuarsi sul saldo ricalcolato”, così facendo “si sovvertirebbe la regola che sta alla base della prescrizione, ossia il rendere irripetibili delle somme, a prescindere dalla fondatezza o meno della pretesa restitutoria, decorso un certo lasso temporale dal momento in cui il diritto può essere fatto valere (nel caso di specie dai singoli pagamenti), e ciò a garanzia della certezza del diritto, principio fondante l’istituto della prescrizione”.

Il Tribunale, richiamando una serie di precedenti espressisi in tal senso, in particolare – di recente – quello della Corte d’Appello di Venezia (Sentenza n. 1662/2021), ha motivato tale asserzione, osservando che assumere quale saldo iniziale un importo depurato dagli addebiti illegittimi comporterebbe una riscrittura a posteriori dell’andamento del conto corrente, attraverso la modifica di un dato fattuale, rappresentato dalle annotazioni effettuate dalla Banca nel tempo e che avevano generato l’indebito.

Conclude il Giudice, precisando che “la natura di una rimessa non può essere valutata ex post ma deve essere valutata ex ante, avendo riguardo al momento temporale in cui è stata effettuata: se in quel momento essa era funzionale a coprire uno scoperto di conto vuol dire che era finalizzata evidentemente ad un pagamento, a nulla rilevando che la stessa fosse frutto di pregressi addebiti illegittimi; altrimenti opinando l’azione di ripetizione connessa ad un’azione di nullità mutuerebbe sempre da quest’ultima l’imprescrittibilità, così derogando alla regola codicistica che invece prevede un preciso termine prescrizionale”.

Entrando, poi, nel merito delle contestazioni, il Giudice ha ritenuto, stante la regolarità del comportamento assunto dalla Banca nella tenuta dei rapporti oggetto di causa, di disporre il rigetto delle pretese attoree.

Trib. Reggio Calabria, Sentenza n. 1183/21

Andrea Maggioni – a.maggioni@lascalaw.com

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