Con la recentissima sentenza in commento la Corte di Cassazione torna ad affrontare il tema della mancata tempestiva rinnovazione della trascrizione del pignoramento e delle sue conseguenze sul procedimento esecutivo in corso, giungendo alla stessa conclusione cui era addivenuto il giudice di primo grado con la declaratoria di “improcedibilità del processo esecutivo” ma secondo un percorso argomentativo del tutto inedito. Per comprendere ciò è necessario ripercorrere la vicenda dall’origine.
Nella specie, col ricorso in oggetto, i ricorrenti impugnavano la sentenza con cui il Tribunale di Arezzo rigettava l’opposizione promossa avverso l’ ordinanza estintiva del procedimento esecutivo a causa della mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento; In particolare il Tribunale motivava la sua decisione muovendo dall’assunto per cui il pignoramento va inquadrato come una fattispecie a formazione progressiva ove, mentre la notificazione dell’ingiunzione al debitore segna l’inizio del procedimento, la trascrizione ne completa l’efficacia nei confronti dei terzi e dei creditori concorrenti; ragion per cui la mancata rinnovazione, nel termine stabilito ex lege, comporterebbe la cessazione ab origine degli effetti della trascrizione e l’improseguibilità del processo.
Tuttavia, va evidenziato che detta teoria non contrasti in assoluto con la possibilità di rinnovare la trascrizione oltre il ventennio, anche tramite la concessione da parte del GE di un termine perentorio per adempiere all’ incombente pubblicitario. Difatti, come sostengono i ricorrenti nella propria domanda, se gli effetti del pignoramento sono riconducibili a due momenti differenti della sua formazione, è parimenti plausibile sostenere che l’omessa tempestiva rinnovazione della trascrizione colpirebbe solo uno di detti momenti, ovvero quello pubblicitario, con salvezza del primo atto esecutivo e così dell’intera esecuzione.
Sull’argomento si è, quindi, pronunciata la Suprema Corte con la sentenza in commento, aderendo alla decisione assunta dal Tribunale e quindi rigettando il ricorso, ma secondo presupposti differenti. Infatti, come sostiene la stessa, la tesi sulla natura costitutiva del pignoramento per quanto condivisibile, non è adatta a spiegare la portata dell’ art. art. 2668-ter cc secondo cui: “L’effetto (della trascrizione) cessa se la trascrizione non è rinnovata prima che scada detto termine”, dal momento che, come traspare dallo suo stesso tenore letterale, essa va ad incide direttamente su un procedimento, rispetto al quale, il pignoramento ha già dispiegato da tempo i suoi effetti e pertanto non rileva più nel suo momento genetico. Diversamente, per comprendere il significato dell’articolo predetto, occorre considerare il momento in cui esso va applicato, giungendo alla conclusione per cui la trascrizione (da rinnovare) non rileva più nel suo momento costitutivo del pignoramento ma in funzione di tutela dell’intero iter esecutivo già da tempo avviato. Ed invero, proseguono gli Ermellini, la ratio della norma va rintracciata nell’interesse che con la trascrizione si vuole tutelare, nell’ambito di un procedimento finalizzato al trasferimento coattivo del bene per realizzarne il valore; va da se, quindi, che se questo è il fine del procedimento, la trascrizione ad esso strumentale, non può che garantirne la fruttuosità con la pubblicità nella circolazione dei beni e ciò, si ripete, indipendentemente dalla sua natura costitutiva o meramente integrativa del pignoramento.
Alla stregua di tale argomentazione, i Giudici della Suprema Corte concludono statuendo che la mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento nel termine ventennale determina inevitabilmente la caducazione ex tunc del pignoramento e quindi dell’intera attività processuale ad esso conseguita, con conseguente declaratoria di improcedibilità e spetterà al Giudice dell’esecuzione rilevarlo d’ufficio, con provvedimento suscettibile di impugnazione ex art. 617 cpc.
Cass., Sez. III, 11 marzo 2016, n. 4751