11.12.2015 Icon

La domanda proposta tardivamente è inammissibile anche se la parte accetta il contraddittorio

Cass., Sez. I, 20 novembre 2015, n. 23811 (leggi la sentenza)

Con la pronuncia in commento – Corte di Cassazione, sez. I civ., 20 novembre 2015, n. 23811 – il Supremo giudice di legittimità è tornato ad occuparsi, ancora una volta, del regime delle preclusioni di cui agli artt. 183 e 184 c.p.c.,  e, più nello specifico, della possibilità o meno delle parti di derogare alle stesse mediante accettazione del contraddittorio su eventuali domande tardive.

Nello specifico, la questio iuris nuovamente all’attenzione della Corte è la seguente: se l’eventuale accettazione del contraddittorio di una parte in ordine alla domanda proposta tardivamente dell’altra (rectius: tardiva perché formulata oltre i termini di preclusione processuali) valga o meno a sanare l’inammissibilità processuale della stessa.

Nel caso di specie, si trattava di una domanda riconvenzionale di arricchimento senza causa svolta per la prima volta in comparsa di costituzione e risposta dai convenuti opposti in un giudizio, appunto, di opposizione a decreto ingiuntivo. In particolare, questi ultimi, nel proprio ricorso per decreto ingiuntivo, avevano ottenuto l’ingiunzione di pagamento promuovendo quale unica domanda l’adempimento avversario fino a quel momento inadempiuto. L’ingiunto, condannato al pagamento di una somma di denaro invero non irrisoria, aveva proposto opposizione, contestando l’invalidità ed inefficacia del contratto, dando adito agli opposti per una puntuale costituzione in giudizio. Qui il punto: costituendosi nel relativo giudizio di opposizione, i convenuti opposti, oltre all’(ovvia) richiesta di rigetto della domanda avversaria, avevano richiesto, in via subordinata, e per la prima volta, la condanna della convenuta anche a titolo di arricchimento senza causa. Un’azione nuova e diversa rispetto a quella di adempimento. Tanto per petitum che per causa petendi. Ed ecco che, tanto il Tribunale, tanto la Corte di Appello, tanto – per quanto qui interessa – la Suprema Corte di Cassazione, hanno rigettato, senza discussione alcuna, la domanda di arricchimento senza causa.

Ad avviso della Cassazione, infatti, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’opposto non può mai, in alcun modo, promuovere una azione nuova e diversa rispetto a quella che ha giustificato e sostenuto il suo ricorso per ingiunzione di pagamento. E – è questo il punto – dal momento che il regime delle preclusioni di cui agli articoli 183 e 184 cod. proc. civile è sottratto alla libera disponibilità delle parti in virtù del perseguimento di esigenze di concentrazione e speditezza corrispondenti ad un interesse pubblico, nemmeno nell’ipotesi di accettazione del contraddittorio da parte dell’altra parte, la domanda è ammissibile.

Trattisi, in altre parole, di preclusioni di stretto regime processuale, assolutamente sottratte alla disponibilità delle parti e che è dovere del Giudice rilevare d’ufficio come inammissibili.

Così disponendo, la Cassazione non ha fatto altro che riconfermare, ancora una volta, il granitico principio di diritto ormai affermatosi in materia, affermato, tra le ultime, anche da Cass. civ., sez. I, del 30 ottobre 2013 n. 24486; da Cass. civ., sez. II, del 30 novembre 2011 n. 25598; Cass. civ., sez. II, del 13 dicembre 2006 n. 26691, così come in molte altre pronunce.

11 dicembre 2015Benedetta Minottib.minotti@lascalaw.com