18.11.2020 Icon

Interest rate swap: ancora un sì della Giurisprudenza di merito alla prassi bancaria in materia

Sulla scia di autorevole giurisprudenza (v. articolo IusLetter del 6.10.2020), anche la Corte d’Appello di Venezia, nel confermare la sentenza di primo grado, sembra prendere le distanze dagli assunti più radicali espressi nelle premesse della nota sentenza delle Sezioni Unite 8770/2020 (in quel caso, ricordiamo, in una fattispecie che coinvolgeva un Ente pubblico su analoghi strumenti finanziari).

In particolare, la Corte Veneta si è soffermata sul tema del Mark to Market, in relazione al quale l’attore-appellante lamentava la sua mancata indicazione, insieme alla mancata comunicazione dei criteri di calcolo del c.d. “pricing”, dalla cui carenza chiedeva farne derivare la nullità del contratto di IRS, con ogni conseguenza restitutoria a carico della Banca.

La Corte d’Appello ha ritenuto che le considerazioni riguardanti la pretesa insufficienza dei criteri di determinazione dell’MTM nel contratto di Swap erano infondate osservando in particolare che:

  • Quanto al calcolo dei costi, il riferimento previsto nel contratto per la determinazione dell’M.T.M. ai modelli matematici utilizzati comunemente dagli intermediari finanziari non appare generico, rispecchiando a ben vedere i criteri dettati dall’art. 2427-bis, lettera b) del cod. civ., che fa espresso riferimento al «valore che risulta da modelli e tecniche di valutazione generalmente accetta per gli strumenti per i quali non sia possibile individuare facilmente un mercato attivo…»;
  • Quanto alle ulteriori critiche in merito all’indeterminatezza dei parametri di riferimento, queste – secondo la Corte – trovano adeguata risposta nel contratto quadro prodotto dalla Banca.
  • Quanto all’MTM, questo è il valore attuale delle prestazioni dovute dalle Parti a partire dalla data di valutazione fino alla scadenza finale del contratto, calcolato con riferimento alle condizioni di mercato alla data di valutazione in base a modelli matematici (c.d. modelli di pricing) utilizzati comunemente dagli intermediari professionali…;
  • Quanto alle componenti dell’MTM, questo, al momento della conclusione del contratto, comprende i costi e gli oneri a carico del cliente, riconducibili alla componente della copertura del rischio di mercato (Hedging cost) e alla componente relativa alla remunerazione della Banca.

Questi assunti confermano quanto già affermato da autorevole giurisprudenza di merito, sopra indicata con rinvio a precedente pubblicazione, che in epoca post SS.UU. aveva osservato che il fatto che il mark to market iniziale, cioè il valore del contratto di IRS concluso tra le parti fosse “non par”, cioè negativo per il cliente, in assenza di un up front in compensazione in favore dello stesso, è del tutto irrilevante, posto che un contratto di IRS, stipulato dalla banca per assicurare al cliente l’eliminazione del rischio di subire le conseguenze negative del rialzo dei tassi di interesse relativi alla sua posizione debitoria sottostante, non può che prevedere anche un costo a carico del cliente, costo che si concretizza appunto nel valore per questi negativo del mark to market.

La Corte d’Appello di Venezia si attesta, poi, sulla stessa linea anche con riferimento all’oggetto del contratto, che viene escluso essere il Mark to Market e che invece, assecondando l’effettiva volontà delle parti espressa nel contratto, viene rinvenuto nel reciproco obbligo di “eseguire dei pagamenti periodici, il cui ammontare sarà determinato in base ai parametri di riferimento specificati nello stesso contratto”.

Quanto alla pretesa violazione di oneri informativi connessi con l’operazione di investimento/copertura, la Corte d’Appello di Venezia si attiene giustamente al contenuto del contratto nel quale vengono rinvenute clausole ampiamente confermative delle informazioni rese e della consapevolezza della parte di quanto oggetto del contratto di Swap. Precisa infatti la sentenza in esame che dal contratto risultano un complesso di affermazioni e attestazioni “che confermano in termininon altrimenti interpretabili come (al Cliente) fosse stata messa a disposizione dalla Banca una compiuta informazione in merito alle caratteristiche, alle modalità di funzionamento e ai potenziali rischi dello strumento finanziario sottoscritto”.

Infine, decisamente interessante è l’arresto della Corte d’Appello di Venezia riguardante il tema della lamentata nullità del contratto per mancanza di equilibrio e di alea del medesimo.

In proposito, viene riportata l’interessante parte motiva della sentenza del tribunale appellata, che la Corte dichiara di condividere integralmente e che qui volentieri riportiamo, in quanto ben contribuisce a chiarire il meccanismo del contratto di IRS e a chiarire ulteriormente quelle incertezze interpretative che di recente hanno acceso il dibattito sul tema.

L’assunto attoreo muove da alcuni presupposti di fatto erronei e fuorvianti a cominciare dalla nozione di commissione implicita … Solitamente la Banca non assume un rischio di mercato nel momento in cui conclude un contratto (di swap) con l’impresa cliente, poiché a fronte di esso ne conclude uno speculare con un soggetto terzo (generalmente un altro istituto di credito). La Banca assume invece un rischio di credito sia nei confronti del cliente sia nei confronti del soggetto con il quale viene stipulato il contratto di segno contrario, diretto a neutralizzare il primo…

Si può quindi comprendere come “in ogni operazione di swap esista un margine lordo (questa è l’espressione più corretta anziché quella di commissione) implicito a favore della banca che è costituito, da un lato, dalle eventuali condizioni più favorevoli che la stessa spunta sul mercato …e, dall’altro, dalla copertura del rischio di credito e dei costi operativi”.

E’ poi evidente, aggiunge la motivazione, che “tale margine lordo per la banca consista nella differenza tra il valore corrente (c.d. fair value) del contratto al momento della sua rilevazione e il fair value di analogo contratto stipulato (a copertura) con soggetti terzi… Solo nel caso in cui il contratto di swap giunga alla sua naturale scadenza o venga risolto anticipatamente il cliente è tenuto a corrispondere all’istituto il c.d. costo di uscita del derivato, comprensivo anche del margine di intermediazione”.

Né coglie nel segno, secondo la Corte Veneziana, la doglianza per cui la nullità del contratto deriverebbe dal fatto che il Mark to market iniziale era favorevole alla Banca.

In proposito, ha ribadito il Giudice di Appello, va considerato che “l’MTM del derivato è scomponibile in due componenti: quella relativa alla remunerazione della Banca e quella relativa al rischio di mercato… Orbene, considerato che le due parti del contratto di swap hanno indubbiamente una diversa solidità finanziaria … nessun soggetto dotato di un maggior standing creditizio accetterebbe di entrare in un contratto in cui il mark ti market sia nullo perché dovrebbe, tra l’altro, sopportare un determinato rischio di controparte.

Ne consegue, ha concluso la Corte, che “il mark to marketnon può mai esser pari a zero”, come preteso dall’investitore.

Neppure le differenze contrattuali tra contratto di leasing sottostante e swap, che l’attore aveva invocato per sostenere che non si trattasse di un contratto di “copertura”, facendone ancora derivare conseguenze di nullità, sono state ritenute idonee a invalidare il contratto, liberamente stipulato a cautela (in quel caso solo parziale) dell’oscillazione del tasso di interesse del contratto variabile del leasing.

In conclusione, una interessante decisione che ribadisce uno spirito interpretativo rivolto a valorizzare l’effettiva volontà delle parti, alla luce delle pattuizioni contrattuali e della prassi del settore, senza dover valutare anche i rapporti tra privati con criteri pubblicistici che potrebbero risultare forzati.

Corte d’App. Venezia, 13 ottobre 2020, n. 2681Antonio Ferraguto – a.ferraguto@lascalaw.com

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