La questione relativa alla quantificazione del credito insinuabile da parte del lessor nell’ipotesi di contratto di leasing, ancora pendente o risolto ante dichiarazione di fallimento della società utilizzatrice, è stata recentemente affrontata dal Tribunale di Udine in alcune recenti pronunzie.
Il Collegio friulano, nelle sentenze che di seguito analizzeremo, ha affermato che, partendo dall’art. 72 quater l.f., deve essere individuata un’unica tecnica di liquidazione del credito del concedente da applicarsi sia in caso di scioglimento del contratto di leasing pendente alla data del fallimento (decreto del 24 febbraio 2012), sia nella diversa ipotesi di risoluzione ante fallimento del contratto (decreto del 10 febbraio 2012).
Con il decreto del 24 febbraio 2012 (Pres. Bottan- Rel. Pelizzoni) il Tribunale di Udine ha esaminato una fattispecie avente ad oggetto un contratto di leasing mobiliare, rispetto al quale la società utilizzatrice si era resa morosa nel pagamento dei canoni di locazione e, a seguito dell’intervenuto fallimento, il Curatore aveva dichiarato di volersi sciogliere dal predetto rapporto contrattuale. Il G.D. aveva rigettato la domanda di insinuazione allo stato passivo del lessor, sulla base di un orientamento giurisprudenziale (Cass., 1 marzo 2010 n. 4862) secondo cui il concedente non aveva diritto ad insinuarsi immediatamente anche per i canoni residui, in quanto con la cessazione dell’utilizzazione del bene veniva meno l’esigibilità di tale credito. Il lessor aveva, però, diritto alla restituzione immediata del bene e ad un credito eventuale, da esercitarsi mediante successiva insinuazione al passivo, nei limiti in cui – venduto o altrimenti allocato a valori di mercato il bene oggetto del contratto di leasing –, si fosse realizzata una differenza tra il ricavato del credito vantato alla data del fallimento e la minore somma ricavata dalla allocazione del bene.
Il Tribunale di Udine, sulla scia di una più recente pronuncia della Suprema Corte (sent. del 15 luglio 2011 n. 15701), ha invece ritenuto fondato il ricorso per opposizione allo stato passivo, ammettendo il lessor, ex art. 72 quater l.f. secondo e terzo comma, non solo per “le rate scadute prima della dichiarazione di fallimento, comprensive di interessi, anche di mora e di spese” ma anche “per il capitale residuo, vale a dire a scadere e per il prezzo di opzione, depurate degli interessi, delle commissioni e delle spese non ancora maturate alla data di fallimento, dedotto tuttavia il valore della nuova allocazione del bene a prezzo di mercato, in quanto il concedente non ha diritto di ottenere la restituzione del lucro cessante, ma solo del capitale investito per l’acquisto del bene, depurato del suo valore residuo”.
Con il decreto del 10 febbraio 2012 ( Pre. Griselli- Rel. Grisalfi), i Giudici udinesi si sono occupati di una diversa fattispecie relativa ad un contratto di leasing risolto per inadempimento della società utilizzatrice ancora in bonis. A seguito della dichiarazione di fallimento, la società concedente depositava domanda di insinuazione per l’intero credito vantato nei confronti della società fallita. Il G.D., sulla scorta dell’orientamento di legittimità della Suprema Corte n. 4862/2010, emetteva provvedimento di rigetto ritenendo doversi applicare l’art. 1526 c.c. alla fattispecie dei contratti di leasing risolti “ante fallimento”. La ricorrente chiedeva l’applicazione “in via di interpretazione estensiva” dell’art. 72 quater l.f., assumendo che tale disposizione, pur se prevista nell’ambito della disciplina dei rapporti pendenti, contenesse una disciplina applicabile anche ai contratti già risolti.
Il Tribunale di Udine, nell’affrontare la questione relativa alla possibilità di continuare ad applicare in via analogica l’art. 1526 c.c. ai contratti di leasing risolti “ante fallimento”, nonostante l’introduzione dell’ art. 72 quater l.f., ha ritenuto, condividendo le argomentazioni delineate dalla dottrina e fatte proprie dalla precedente giurisprudenza (Trib. Treviso 5 maggio 2011), “coerente con il sistema e preferibile in termini di certezza di diritto -quanto meno nell’ambito della disciplina dei rapporti coinvolti in procedure concorsuali- un’applicazione analogica della noma di cui all’art. 72 quater l.f., prevista per i rapporti pendente, ai rapporti già risolti al momento della dichiarazione di fallimento”.
Il Tribunale friulano ha evidenziato come il novellato art. 72 quater l.f. “colmando una lacuna normativa, nell’evidente intento di stabilire un punto di equilibrio tra le esigenze di tutela del concedente in bonis e quelle della massa, ha dettato una regolamentazione degli effetti dello scioglimento del contratto unitaria. Il legislatore infatti in detta norma non distingue tra leasing di traslativo e di godimento. Riconduce ad unità le due figure dando prevalenza alla loro causa di ‘finanziamento’ sulla causa di ‘scambio’ “(concordi con tale indirizzo sono anche le pronunce del Tribunale di Torino del 23 aprile 2012 – commento IUSLETTER “L’art. 72 quater e l’unicità tipologica del leasing finanziario” -, del Tribunale di Brescia del 2 febbraio 2012 e del Tribunale di Perugia del 5 giugno 2012).
In tal senso, anche nell’ipotesi di risoluzione del contratto verificatasi prima della dichiarazione di fallimento della società utilizzatrice, il credito vantato della società concedente dovrà essere quantificato ai sensi dell’art. 72 quater l.f.
Le soluzioni avanzate dal Tribunale di Udine presentano profili di razionalità. Attesa l’introduzione di una disciplina unitaria relativa al contratto di leasing, il predetto Collegio ha, infatti, applicato ai contratti di leasing risolti ante fallimento, la stessa tecnica di liquidazione del credito prevista per i contratti pendenti, tesa a restituire alla società concedente il credito finanziato per l’intero, rispondendo così alla ratio sottesa all’art. 72 quater l.f.
(Ludovica Citarella – l.citarella@lascalaw.com)