Trib. Torino, 23 settembre 2013
Con sentenza n. 5672/2013 il Tribunale di Torino ha rigettato la domanda avanzata dal consumatore volta ad ottenere la risoluzione del contratto di finanziamento, quale conseguenza della risoluzione del contratto di compravendita per inadempimento del venditore.
Più specificatamente, l’attore richiedeva la risoluzione del contratto di finanziamento, sottoscritto nel 2008, con un importo montante di euro 40.740,00, nonché la restituzione delle rate già corrisposte, lamentando il mancato acquisto di un camper a causa di pacifico inadempimento della società venditrice.
Il Giudice adito ha risolto la vertenza concentrando, ma anche esaurendo, la propria motivazione sulla volontà negoziale delle parti, così come liberamente espressa nel contratto di finanziamento tramite la clausola di inopponibilità dei vizi del contratto di fornitura alla finanziaria.
Così si esprime il giudicante:”Ed invero, risulta a chiare lettere pattuito nel contratto stipulato (liberamente, a quanto pare) dalle parti che il soggetto mutuatario non avrebbe, per ragione alcuna, potuto opporre al mutuante le eccezioni relative al rapporto di compravendita, laddove le richieste del [omissis] hanno tratto proprio ed esclusivamente a tale rapporto. Parlare di collegamento negoziale di fronte ad una disposizione negoziale dal tenore tanto cristallino testimonia della mala fede di chi a tale tesi vorrebbe aggrapparsi per venire meno alle obbligazioni (liberamente, si ripete, per lo meno a quanto costa) sottoscritte, contro ogni criterio di buona fede negoziale”
il Giudice, in realtà, si spinge ben oltre individuando nell’iniziativa attorea i connotati della lite temeraria (“[…] le domande di parte attrice appaiono non solo destituite del benché minimo fondamento, ma addirittura tali da richiedere l’applicazione ex officio dell’art. 96, terzo comma. […] Reputa poi questo Giudice che il già più volte evidenziato carattere evidentemente temerario delle dette domande meriti (anzi, reclami a gran voce) la più rigorosa applicazione della sanzione ex art. 96 c.p.c. ult. c.p.v. c.p.c., con condanna dell’attore al pagamento, nei riguardi della convenuta costituita, della somma di € 3.000,00, così equitativamente liquidata.”)
La sentenza in commento, che in alcuni passaggi sconta chiaramente la critica dell’autore “verso i veri e propri abusi della funzione giurisdizionale che, a detrimento dei legittimi interessi dei cittadini veramente lesi nei propri diritti, rischiano di soffocare i nostri sempre più (spesso inutilmente) oberati Tribunale”, si pone nel solco della pur minoritaria giurisprudenza di merito che risolve la questione giuridica in questione, focalizzando l’attenzione sulla letterale interpretazione delle clausole contrattuali, senza lasciarsi attirare dalle argomentazioni favorevoli alla dichiarazione di vessatorietà delle medesime.
(Edoardo Natale – e.natale@lascalaw.com)