07.02.2022 Icon

Guerra tra spumanti: Prosecco vs Prošek

Lo spumante italiano Prosecco è il prodotto avente il maggior successo, nel settore enologico, a livello mondiale negli ultimi decenni, tanto che, dal 2019, le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene sono state inserite nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Anche i numeri parlano chiaro: nel 2010 le bottiglie di Prosecco vendute erano pari a 141,8 milioni mentre nel 2020 ammontavano a 500,00 milioni, con oltre 2,4 miliardi di fatturato.

Non stupisce, pertanto, il fatto che produttori stranieri vogliano mettere sul mercato bevande assimilabili di nome e di fatto al Prosecco, sfruttando la forza del marchio e la nomea di cui gode il rinomato vino italiano.

È su questa scia che il 22 settembre 2021 la Commissione Europea ha pubblicato in Gazzetta Ufficiale la richiesta di registrazione della denominazione “Prošek” da parte di produttori croati di vino bianco. Il fatto che tale richiesta sia stata considerata ammissibile ha generato, come era prevedibile, malumori nell’industria vitivinicola italiana, soprattutto in quella veneta. 

Ma vediamo la vicenda più nel dettaglio.

Prosecco vs Prošek

Il nome Prosecco trae le proprie origini dal toponimo storico, risalente almeno alla fine del 1300, di una piccola città della provincia triestina dove iniziò la produzione della famosa bevanda. Nella metà del 1800, con l’impero austro-ungarico, la cittadina Prosecco veniva chiamata Prošek, tanto è che tale nome altro non è che la mera traduzionedi Prosecco.

Il vino croato in questione, invece, ha origini centenarie ma è pur sempre più giovane del nostro Prosecco. È un vino bianco da dessert prodotto in Dalmazia da soli 30 viticoltori, i quali producono circa 3.000 bottiglie l’anno.

Da un rapido confronto tra le due tipologie di vino, è evidente che quello croato sia nettamente di nicchia rispetto al Prosecco, venduto in grandi quantità a livello mondiale e, pertanto, è palese l’interesse dei produttori croati a far sì che la denominazione Prošek venga riconosciuta al loro prodotto. Infatti, se da un lato la Commissione Europea ha concesso la Denominazione di Origine Protetta (DOP)[1] “Prosecco” nel 2009, il termine Prošek è una mera “menzione tradizionale” facente parte della normativa sull’etichettatura.

Decisione della Commissione Europea

Tuttavia, la Commissione Europea ha ammesso la denominazione Prošek in riferimento al vino croato, nonostante i dettami dell’art. 100 del Regolamento (UE) 1308/2013. Secondo tale articolo, non può essere registrato un “nome omonimo che induca erroneamente il consumatore a pensare che i prodotti siano originari di un altro territorio”. Il nome del prodotto per il quale viene presentata la domanda, che sia omonimo o parzialmente omonimo di un nome già registrato, “tiene debitamente conto degli usi locali e tradizionali e di rischi di confusione”. Nel caso di specie, si può tranquillamente sostenere che il nome del vino croato possa suscitare confusione nel consumatore (straniero) inducendolo a pensare che la bevanda che sta acquistando sia quella di origine italiana.

La Commissione, come già accennato, non avvalla questa tesi e fonda le proprie motivazioni sul terzo comma dell’articolo 100 che recita: “Un nome omonimo registrato può essere utilizzato esclusivamente in condizioni pratiche tali da assicurare che il nome omonimo registrato successivamente sia sufficientemente differenziato da quello registrato in precedenza”. In sostanza, secondo la Commissione, è la differente etichettatura dei due prodotti che fa sì che non si crei confusione nel consumatore. Ora, è vero che la denominazione posta sull’etichetta “Prošek” è graficamente diversa da quella “Prosecco”, ma vogliamo davvero credere che un consumatore, ad esempio, lituano o svedese, sappia che la bottiglia di Prošek esposta al supermercato sia effettivamente diversa da quella di Prosecco? O, verosimilmente, sarà convinto di stare acquistando lo stesso prodotto?

Tutela DOP

Anche assumendo che il ragionamento della Commissione sia corretto, bisogna sottolineare che la denominazione DOP ha un ambito di tutela ampio, che ricomprende anche i casi in cui vi sia soltanto un rischio di evocazione, che è totalmente diverso dal rischio di confusione. Infatti, secondo l’articolo 103 del Regolamento sopramenzionato, le DOP e le IGP (Indicazione geografica protetta) sono tutelate contro ogni uso commerciale diretto o indiretto del nome protetto che “sfrutti la notorietà di una denominazione di origine o di una indicazione geografica”. Ancora, queste sono protette contro “qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine vera del prodotto o servizio è indicata o se il nome protetto è una traduzione, una trascrizione o una traslitterazione” e, in generale, contro “qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto”.

Conclusioni

Alla luce di ciò, si può affermare che la denominazione Prošek utilizzata per il vino dolce croato evoca quella del Prosecco, essendovi un’affinità sia fonetica che visiva tale per cui il consumatore medio può erroneamente associare i due vini. Inoltre, non si può negare che Prošek sia una mera traduzione di Prosecco e che tragga un indebito vantaggio dalla notorietà del vino italiano.

Non ci resta che attendere l’esito dell’opposizione italiana alla registrazione di Prošek sperando di poter brindare alla nostra vittoria.

[1] Regolamento (UE) 1151/2012 del Parlamento e del Consiglio Europeo.

Sara Donati – s.donati@lascalaw.com

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