Cass., Sez. III, 15 dicembre 2015, n. 25224
Nella sentenza in commento, la Corte di Cassazione è arrivata ad affermare che l’azione esecutiva promossa per il recupero di una somma troppo esigua (nel caso di specie Euro 8,58), configura contrarietà a buona fede, nonché abuso del processo.
Nel caso di specie era stato promosso un pignoramento presso terzi, iscritto a ruolo, successivamente al quale il soggetto esecutato ha provveduto a pagare la somma precettata, rimanendo però insoddisfatto un credito pari ad Euro 8,58. In ogni caso la procedura esecutiva è proseguita sino a giungere ad ordinanza di assegnazione del G.E. con cui si liquidavano anche le spese del processo esecutivo, ma con il rigetto dell’istanza di sospensione dell’opponente assicuratrice e fissazione di termine per l’introduzione del giudizio di merito sull’opposizione.
La ratio decidendi della sentenza in oggetto dunque risiede in quanto già affermato in precedenza da parte della stessa Corte con sentenza del 3 marzo 2015 n. 2015 nella quale si affermava che il diritto del creditore “non può ricevere tutela giuridica se l’entità del valore economico è oggettivamente minima e quindi tale da giustificare il giudizio di irrilevanza giuridica dell’interesse stesso”.
E’ dunque certamente valido il principio per cui il soggetto ha diritto al pieno e completo soddisfacimento delle sue ragioni, tuttavia la sentenza in commento richiama la precedente giurisprudenza la quale esige che il creditore adduca delle specifiche circostanze che abbiano condotto lo stesso a non invitare il debitore a pagare spontaneamente l’importo irrisorio dovuto. Sussiste quindi in generale un onere del creditore a sollecitare il debitore ad un adempimento spontaneo del modesto residuo credito prima di procedere esecutivamente.
11 febbraio 2016