Cass. civ., Sez. II, 4 luglio 2014, n. 15389 (leggi la sentenza per esteso)
E’ quanto stabilito di recente dalla Cassazione, la quale, rispolverato il tralatizio orientamento in materia di onere della prova nelle azioni petitorie e di reintegro nel possesso, è tornata a ribadire che: “in merito alla proposizione dell’azione petitoria di intervenuto acquisto per usucapione, sintomatica di animus possidendi, è onere di chi agisce provare la situazione di fatto tutelabile con l’azione di reintegrazione, indipendentemente dalla prova che spetti un diritto, da parte di chi sia privato violentemente od occultamente della disponibilità del bene. La legittimazione attiva spetta, in tal caso, non solo al possessore uti dominus ma anche al detentore nei confronti dello spoliator che sia titolare del diritto e tenti di difendersi opponendo che “feci sed iure feci”. E’ cioè sufficiente provare l’esistenza di una situazione di fatto, protrattasi per un periodo di tempo apprezzabile, ovvero un possesso qualsiasi, anche se illegittimo ed abusivo, purché abbia i caratteri esteriori di un diritto reale”.
La sentenza in commento ricalca dunque l’orientamento granitico della Suprema Corte, offrendo una rilettura della problematica non dissimile da quella che ha investito gli Ermellini negli anni passati.
Possiamo, pertanto, senz’altro ribadire, ancora una volta, che nell’eventualità in cui venga promossa un’azione petitoria di intervenuto acquisto per usucapione, è onere di chi agisce provare la situazione di fatto tutelabile con l’azione di reintegrazione.
17 luglio 2014
(Iliza Ugliano – i.ugliano@lascalaw.com)