22.05.2013 Icon

Dichiarazione del fallimento entro un anno dalla cancellazione della società

Cass.,  12 aprile 2013, Sez. I, n. 8932 (leggi la sentenza per esteso)

In tema di fallimento, è previsto che «gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo». Ricordiamo che con il principio affermato dalla Consulta e recepito dal legislatore si è stabilito con definitiva certezza il principio costitutivo della cancellazione dal registro delle imprese, collegandovi, con efficacia ex nunc, l’estinzione irreversibile delle società di capitali. I Giudice della Suprema Corte con la sentenza in esame, affrontano un nuovo capitolo dell’interpretazione dell’art. 10, 1º co., l. fall.

Il Fatto

Un creditore, Equitalia, avanza istanza di fallimento di una società di persone e del socio illimitatamente responsabile entro l’anno dalla cancellazione dal registro delle imprese. La dichiarazione di fallimento sopraggiunge oltre l’anno. Quid juris? La dichiarazione è legittima?

La Suprema Corte dice di no! E così accoglie il reclamo e revoca il fallimento.

Motivi della decisione

[ omissis…]Nella specie il mancato rispetto del termine previsto dall’art. 10 l. fall., comporta la nullità della sentenza e perciò può essere rilevato d’ufficio dal giudice del reclamo e, se ciò non avviene, ben può essere dedotto per la prima volta in cassazione, considerato che il suo accertamento non implica ulteriori accertamenti di fatto.
Nel merito, sebbene dopo la riforma il procedimento di fallimento possa essere attivato solo su istanza dei creditori o del p.m., si deve osservare che il termine stabilito nell’art. 10 l. fall., non opera come un termine di prescrizione o decadenza, ma costituisce un limite oggettivo per la dichiarazione di fallimento (Cass. 28 marzo 1969, n. 998), svolgendo non tanto la funzione di tutelare i creditori rispetto all’inatteso venire meno della qualifica di imprenditore commerciale nel loro debitore, quanto la funzione di garantire la certezza delle situazioni giuridiche e l’affidamento dei terzi (altrimenti esposti illimitatamente al pericolo di revocatorie), ponendo un preciso limite temporale alla possibilità di dichiarare il fallimento di chi non è più imprenditore.
In realtà, infatti, il fallimento dell’ex imprenditore non può configurarsi come una forma di eccezionale tutela dei creditori poiché risponderebbe sempre alla logica della necessità di una procedura concorsuale in presenza della molteplicità e complessità degli interessi normalmente coinvolti nel dissesto di un imprenditore commerciale, anche se cessato, a fronte della normale semplicità degli interessi coinvolti nel dissesto del debitore civile. Ciò che rileva, invece, è la scelta del legislatore di non dare seguito a detta logica, dopo un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, per la contrastante esigenza di tutelare l’affidamento dei terzi che vengono in contatto con l’ex imprenditore.
Se la funzione dell’art. 10 è quella descritta, il dies ad quem del termine annuale ivi previsto è necessariamente quello della pubblicazione della sentenza di fallimento e l’istanza di fallimento tempestivamente presentata dal creditore non può produrre effetti prenotativi, come avviene invece nel processo civile, in applicazione del noto postulato a tenore del quale la durata del processo non dovrebbe mai ridondare in danno della parte che ha ragione. La semplice presentazione dell’istanza di fallimento non sarebbe, infatti, conoscibile da parte dei terzi che, se ad essa fosse riconosciuto un effetto prenotativo, resterebbero esposti per tutta la durata del procedimento al rischio di contatti con un soggetto fallibile.
Tale conclusione, del resto, è coerente con la lettera dell’art. 10 (“possono essere dichiarati falliti entro un anno”) e trova conferma nel quinto comma dell’art. 22 l. fall., secondo cui, nella versione successiva alla riforma, in caso di vittorioso gravame contro il provvedimento che respinge l’istanza di fallimento, il termine di cui all’art. 10 l. fall. si computa con riferimento al decreto della corte di appello che ha accolto il reclamo. L’attribuzione di un effetto prenotativo al decreto della corte di appello sarebbe evidentemente inutile se un identico effetto fosse attribuibile all’istanza di fallimento.
Si deve, pertanto, concludere che l’art. 10 l. fall., con la descritta eccezione rispetto al tempo successivo al decreto ex art. 22 l. fall., pone a carico del creditore che ha presentato tempestivamente istanza di fallimento il rischio della durata del procedimento per la dichiarazione di fallimento.
Ciò, tuttavia, non comporta l’illegittimità dell’art. 10 l. fall., in relazione agli artt. 3 e 24 Cost. Da un lato, con riferimento al principio di eguaglianza, il possibile diverso trattamento dei creditori in relazione alla diversa durata del procedimento non discende dal requisito temporale prescritto dalla legge, ma dal concreto svolgersi del procedimento ed è perciò un problema di fatto irrilevante ai fini della legittimità costituzionale della norma.
Con riferimento al diritto di difesa, si deve, invece, osservare che la previsione di un termine annuale rappresenta il punto di mediazione nella tutela di interessi contrapposti quali, da un lato, quelli dei creditori e, dall’altro, quello generale, e non del solo cessato imprenditore, alla certezza dei rapporti giuridici; in questo contesto è insussistente una qualsiasi lesione del diritto di difesa, tenuto conto sia dell’ampiezza del termine, sia della possibilità di informare il Tribunale di eventuali ragioni di urgenza.
Il fatto che le ragioni di urgenza possano sfuggire ai creditori o al Tribunale è, ancora una volta, un problema di fatto irrilevante ai fini della valutazione della legittimità costituzionale della norma (Cass. 14 giugno 2000, n. 8099).
Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte, decidendo nel merito, accoglie il reclamo e revoca il fallimento della s.n.c. Zagabria Service e del suo socio C.O.. Soccorrono giusti motivi in considerazione della novità della questione per compensare le spese dell’intero giudizio.
(Simone Corradin – s.corradin@lascalaw.com)