Cari Lettori,
negli scorsi giorni si è registrata la prima decisione giurisprudenziale sul neonato istituto della composizione negoziata della crisi d’impresa. Si tratta, in particolare, di un’ordinanza del Tribunale di Brescia, pronunciata in data 2 dicembre, con la quale il Giudice affronta i temi legati (a) al rapporto tra procedimento di composizione negoziata della crisi d’impresa e concordato preventivo e (b) ai requisiti necessari per poter ottenere le misure protettive previste dal D.L.n. 118/2021.
Nella fattispecie la Società ricorrente, con ricorso ex art. 7 del D.L. n. 118/2021, richiedeva la conferma delle misure protettive di cui all’art. 6 del medesimo testo normativo, individuate nel divieto per i creditori di acquisire diritti di prelazione se non concordati nonché di avviare o proseguire azioni esecutive e cautelari (nel caso di specie con specifico riferimento ad una esecuzione mobiliare radicata nei confronti della Società avanti lo stesso Tribunale), oltreché nell’inibitoria alla pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata.
In particolare, il ricorrente dava atto di aver rinunciato alla domanda di concordato preventivo in bianco precedentemente depositata, e di aver quindi trasmesso al segretario generale della C.C.I.A.A. di Brescia l’istanza di nomina dell’esperto ai sensi dell’art. 5 del D.L. n. 118/2021, dando peraltro atto della pendenza, nei propri riguardi, di alcune domande di fallimento proposte da tre diversi creditori.
La Società, successivamente, depositava altresì una comunicazione per mezzo della quale la commissione istituita ex art. 3 del D.L. n. 118/2021 presso la C.C.I.A.A. di Milano, Monza Brianza e Lodi rappresentava di non poter “procedere alla nomina dell’esperto (…) dal momento che ad oggi non risulta iscritto alcun nominativo di esperto negli elenchi della piattaforma, sia regionali sia extra Regione Lombardia”.
Nella propria decisione, in primo luogo, il Tribunale ha evidenziato come l’art. 6 del D.L. n. 118/2021 ha istituito un sistema di protezioni attivabili laddove vi sia l’esigenza di proteggere il patrimonio dell’imprenditore da iniziative che possano turbare il regolare corso delle trattative su cui si articola il percorso della composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa e che possano mettere dunque a rischio il risanamento dell’impresa (così come esplicato dalla Relazione allo schema di decreto-legge).
Come noto è stato previsto che l’imprenditore, già con la domanda di nomina dell’esperto o con successiva istanza, possa chiedere l’applicazione di misure protettive, le quali possono consistere nel divieto per i creditori di acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore, nonché di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari tanto sul suo patrimonio quanto sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa. D’altro lato il legislatore ha previsto che tali misure scatteranno dal giorno della pubblicazione dell’istanza medesima, unitamente all’accettazione dell’esperto, nel registro delle imprese.
Inoltre, il comma 4 della stessa disposizione esclude che dal giorno della pubblicazione dell’istanza di applicazione delle misure protettive e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata possa essere pronunciata la sentenza dichiarativa di fallimento dell’imprenditore coinvolto nel percorso di risanamento negoziato.
Sennonchè, come previsto dal D.L. n. 118/2021 e come ribadito dal Tribunale, se è vero che per il prodursi dei menzionati effetti protettivi è sufficiente che l’istanza dell’imprenditore che ne invoca l’applicazione venga pubblicata nel registro delle imprese unitamente all’accettazione dell’esperto, affinché questi si consolidino è necessario l’intervento dell’autorità giudiziaria alla quale l’imprenditore già “schermato” ha l’onere di rivolgersi (cfr. art. 7 del D.L. n. 118/2021) con ricorso depositato lo stesso giorno della pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto chiedendo la conferma o la modifica delle misure protettive, ovvero l’adozione di provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative.
E affinché questo accada, è necessario che l’istanza di applicazione delle misure, unitamente all’accettazione dell’esperto, sia pubblicata nel registro delle imprese.
Sul punto il tenore letterale degli artt. 6 e 7 del Decreto Legge non lasciano spazi a dubbi interpretativi: da un lato l’art. 6 del D.L. n. 118/2021 è chiaro nello specificare che i divieti ivi previsti a carico dei creditori dell’imprenditore si producono “dal giorno della pubblicazione” nel registro delle imprese dell’ “istanza di applicazione delle misure protettive (…) unitamente all’accettazione dell’esperto”; dall’altro non può non rilevarsi come il percorso di composizione negoziata, il cui regolare dipanarsi dovrebbe essere garantito dalle misure protettive di cui si discute, può dirsi effettivamente avviato soltanto con l’accettazione dell’esperto, che di detto percorso costituisce il motore, essendogli “affidato il compito sostanziale di agevolare le trattative necessarie per il risanamento dell’impresa”.
Ciò premesso il Tribunale di Brescia ha dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 7 D.L. n. 118/2021 presentato dalla Società, considerato che la ricorrente si è limitata a chiedere alla Camera di Commercio l’istanza di nomina dell’esperto, mentre non risulta intervenuta né la nomina dell’esperto, né la sua accettazione, in considerazione del fatto ad oggi non risulta iscritto alcun nominativo di esperto negli elenchi della piattaforma, sia regionali sia extra Regione Lombardia.
I Giudici inoltre hanno evidenziato che il tessuto normativo del D.L. n. 118/2021 non consente di individuare alcuno spazio per un intervento sostitutivo del Giudice rispetto al potere di nomina degli esperti riservato alle commissioni istituite, tuttavia non nascondendo una critica al Governo ed al Legislatore, il quale secondo il Tribunale “all’urgenza della decretazione non ha saputo far seguire una risposta attuativa sufficientemente rapida”.
In altre parole, l’ammissibilità della richiesta giudiziale di conferma o modifica delle misure protettive dipende dunque dal fatto che l’istanza di applicazione delle misure protettive sia pubblicata nel registro delle imprese e che a questa sia allegata anche l’accettazione dell’esperto.
Si tratta di un tema assai delicato nella misura in cui, già in precedenti interventi, avevamo rilevato come lo strumento della composizione negoziata della crisi d’impresa entrato in vigore in “fretta e furia” lo scorso 15 novembre rischiava di scontrarsi con la sua applicazione in concreto posto che, alla data di entrata in vigore, nessun esperto si trovava nella condizione di aver concluso il percorso formativo di 55 ore previsto nel Decreto e disciplinato poi nel Decreto Dirigenziale.
Solo in questi giorni si è avuta notizia del fatto che alcuni di questi corsi si sono effettivamente conclusi ma vi è da chiedersi quanti siano effettivamente gli esperti che, ad oggi, possono essere nominati (tenendo anche conto del fatto che ai fini della nomina ovviamente incidono sia temi geografici sia temi di competenze specifiche di settore) dalla Commissione istituita presso le Camere di Commercio.
Con la conseguenza che, ad oggi, non è ben chiaro se la chance i che il legislatore ha voluto offrire alle imprese in difficoltà sia effettiva o ancora “sulla carta”.
Come si accennava in premessa, la pronuncia in commento risulta interessante anche sotto un diverso profilo.
E infatti il Tribunale ha ritenuto che, a prescindere da quanto sopra, il ricorso presentato dalla Società ex art. 7 D.L. n. 118/2021 sarebbe inammissibile in quanto non in linea con il limite di accesso alla composizione negoziata individuato all’art. 23 del D.L. n. 118/2021 – allo scopo di evitarne un utilizzo strumentale e abusivo – nella pendenza della domanda di concordato preventivo, anche c.d. bianco.
La ricorrente, sul punto, ha precisato che il Tribunale non aveva ancora assunto un provvedimento di improcedibilità della domanda di concordato preventivo oggetto di rinuncia.
Secondo i Giudici di merito, tuttavia, il semplice deposito della dichiarazione di rinuncia non implica “che il procedimento di concordato preventivo venga in modo automatico a cessare”, risultando necessaria a tal fine la formale adozione dalla parte del Tribunale di un provvedimento di improcedibilità (cfr. Cass. 7.12.2020, n. 27939).
Pertanto, il procedimento di concordato promosso dalla Società ricorrente per mezzo della domanda poi rinunciata parrebbe ad avviso del Tribunale doversi ritenere ancora pendente.
A tal proposito il Tribunale di Brescia ha precisato che la giurisprudenza sopra citata si rivela pienamente funzionale alla logica antiabusiva a cui è ispirata la previsione di cui all’art. 23 del D.L. n. 118/2021 “posto che se si ritenesse sufficiente a caducare un procedimento di concordato preventivo il mero deposito della dichiarazione di rinuncia da parte del proponente quest’ultimo ben potrebbe avvantaggiarsi (in modo “disinvolto” e senza essere mosso da una seria e concreta volontà compositiva) della massima estensione temporale del c.d. automatic stay garantito dalla legge fallimentare per poi creare le condizioni, all’ultimo momento utile, per il passaggio al diverso sistema di protezioni di cui all’art. 6 del D.L. n. 118/2021, con evidente frustrazione della finalità propria della previsione limitativa in esame”
Naturalmente si condivide il pensiero del Tribunale bresciano. Non è ben chiaro però, a livello normativo, il motivo per il quale l’impresa che abbia depositato istanza di fallimento in proprio possa, in ipotesi, accedere alla composizione negoziata senza rinunciarvi mentre la stessa impresa che abbia fatto accesso alla misura concordataria debba preventivamente rinunciarvi.
Tribunale di Brescia, 2 dicembre 2021, Giudice Dott. Pernigotto
Luciana Cipolla – l.cipolla@lascalaw.com
Luca Scaccaglia – l.scaccaglia@lascalaw.com
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