22.01.2020 Icon

Corte d’Appello di Milano: mark to market ed elemento essenziale del derivato

La Corte meneghina conferma il proprio orientamento riguardo alla piena determinabilità del mark to market da parte del contraente un contratto di interest rate swap e, dal canto proprio, lo fa confermando la decisione di prime cure in relazione al rigetto della domanda di nullità proprio sull’aspetto della asserita essenzialità dell’elemento rispetto al contratto.

Il punto di partenza è, necessariamente, quello per cui “cd. mark to market è il valore monetario (variabile) teorico dell’IRS, in un qualunque dato momento intercorrente tra la stipulazione del contratto e la sua scadenza, che esprime l’aspettativa sulla distribuzione futura delle perdite e dei guadagni tra le parti; tale valore può essere calcolato, come detto, in qualunque momento, determinando l’ammontare attualizzato dei flussi monetari, che, da quel momento alla conclusione del rapporto, ci si aspetta che dovranno essere complessivamente pagati da ciascuna delle due parti all’altra ed è pari alla differenza tra i due flussi suddetti, differenza che può, a seconda dei momenti, risultare a carico della banca ovvero a carico del cliente”.

Il mark to market è quindi un valore teorico (che diventa attuale solo nel caso di richiesta di risoluzione anticipata del contratto) e rappresenta l’attualizzazione dei flussi monetari attesi in quel determinato momento storico (trattandosi di un derivato cd plain vanilla).

Il dato rilevante della decisione, nondimeno, è quello propriamente tecnico giacché il Collegio d’Appello conferma come tutti gli elementi per il calcolo dei flussi attesi sono ricavabili dallo stesso contratto derivato sottoscritto dalle parti: “durata del contratto, date di pagamento, capitale di riferimento, tasso fisso pattuito, regola di computo degli interessi […] sono esplicitamente indicati nelle conferme d’ordine degli IRS”.

Per la determinazione del valore del mark to market, ciononostante, è necessario avere le “curve” di andamento previsionali e tali elementi sono ricavabili attraverso la consultazione di applicativi specifici notoriamente in uso. Del pari, la metodologia di calcolo è quella “standard”, con la conseguenza che non esistono ragioni di nullità.

Assume il Collegio in motivazione che “Nei contratti non sono indicati i cd. dati di mercato (a cui, secondo quanto indicato nei contratti occorre far riferimento), ovvero la curva dei fattori di sconto (ricavati dai tassi swap S(T) di mercato), impiegata per l’attualizzazione dei flussi monetari futuri attesi e per il calcolo dei tassi forward (questi ultimi, peraltro, indicati nei contratti a soli fini esemplificativi e quindi necessariamente riferiti a qualche giorno precedente rispetto a quello di conclusione effettiva dei contratti); tali dati, come riferito dal CTU, sono però pubblicamente disponibili per mezzo di applicativi, quale l’applicativo Bloomberg. Pertanto, da un lato, i dati necessari per la determinazione del valore del mark to market sono esplicitamente indicati nei contratti o reperibili con gli applicativi pubblicamente disponibili […] e, come riferito dal CTU, il modello per effettuare la valutazione concreta di tale istituto sulla base della suddetta previsione contrattuale teorica […] è standard, cioè l’unico di uso comune per la valutazione degli strumenti finanziari, oggetto di causa (cioè interest rate swap del tipo plan vanilla), non essendovi quindi alcuna necessità di un suo richiamo nel contratto. In definitiva quindi l’elemento del mark to market risulta pienamente determinabile in via oggettiva, essendo del tutto irrilevante che un determinato contraente sia tecnicamente in grado oppure no (in quanto in possesso o meno delle necessarie conoscenze tecnico – scientifiche) di effettuare il calcolo, e quindi non sussiste comunque la nullità dei contratti in questione, quand’anche si ritenesse che tale elemento costituisca l’oggetto del contratto”.

Non resta allora che confermare la decisione e rigettare l’appello proposto, atteso il rigetto anche delle doglianze sul corretto operato informativo dell’intermediario.

Corte App. Milano, 20 gennaio 2020, n. 169Paolo Francesco Bruno – p.bruno@lascalaw.com

© RIPRODUZIONE RISERVATA