02.02.2022 Icon

Accesso civico generalizzato ed esecuzione dei pubblici appalti

Fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53 del D.lgs. n. 50 del 2016, anche nel settore dei contratti pubblici è applicabile la disciplina dell’accesso civico generalizzato, ovvero è ammesso l’accesso di tipo conoscitivo senza che sia necessaria una motivazione specifica.

Esso, tuttavia, deve in ogni caso palesarsi non in modo assolutamente generico e destituito di un benché minimo elemento di concretezza, anche sotto forma di indizio, come accade qualora venga solo ipoteticamente prospettata l’esistenza di una difformità tra il contratto e l’esecuzione del servizio.

In tali casi l’accesso rappresenta un inutile intralcio all’esercizio delle funzioni amministrative e un appesantimento immotivato delle procedure di espletamento dei servizi, e ciò vieppiù quando venga richiesto un gran numero di documenti che obbligherebbe l’Amministrazione a fornire migliaia di pagine, senza, peraltro, che tale richiesta sia giustificata da esigenze tali da imporre di sopportarne l’onerosità e dunque dovendosi essa, così sproporzionata e onerosa, espressamente qualificare come inammissibile secondo l’orientamento espresso anche dall’Adunanza plenaria.

1. Il caso – Un’amministrazione regionale indiceva una procedura aperta, suddivisa in sei lotti, per la fornitura del servizio di ristorazione a ridotto impatto ambientale a beneficio di aziende sanitarie.

Un’ATI partecipava alla gara per il lotto 2, collocandosi in graduatoria al secondo posto. La prima classificata iniziava a prestare il servizio oggetto della Convenzione e alcuni mesi dopo la capogruppo dell’ATI seconda classificata inoltrava istanza di accesso agli atti afferenti alla fase esecutiva del rapporto, chiedendo di conoscere un numero assai cospicuo di atti.

Stante la perdurante inerzia dell’Amministrazione, essa impugnava innanzi al TAR campano il silenzio – diniego, rimarcando il proprio interesse ad accedere alla documentazione richiesta.

Nel giudizio di primo grado si costituivano sia l’Amministrazione sia l’impresa affidataria del servizio. Il TAR accoglieva il ricorso e la sentenza veniva impugnata avanti al Consiglio di Stato da quest’ultima.

2. Le motivazioni – Il Consiglio di Stato accoglie l’appello ritenendo che il diniego, ancorché riferito alla speciale normativa sull’accesso disciplinata dal codice dei contratti pubblici, appare indenne da censura anche tenuto conto della disciplina dell’accesso civico generalizzato.

La questione riguarda la disciplina dell’accesso agli atti nel settore dei contratti pubblici, i quali, anzitutto, possono e devono essere oggetto anche del c.d. accesso civico generalizzato; questo, però, avviene in un ambito che deve necessariamente conciliare due diverse esigenze. Da un lato la necessità di assicurare la trasparenza dell’azione amministrativa; dall’altro la particolarità del settore degli appalti pubblici, il quale comporta la necessità di contemperare con quella almeno tre esigenze: la salvaguardia, contro accessi strumentali, degli esiti della procedura competitiva; la celerità nel procedere con l’affidamento e quindi con l’avvio dell’esecuzione del contratto, a tutela dell’interesse pubblico e infine, spesso, la tutela del segreto industriale e della proprietà intellettuale.

Sul punto è già intervenuta l’Adunanza Plenaria, la quale, nella sentenza n. 10/2020 ha chiarito che “la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53 del D.lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara ed, in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l’eccezione del comma 3 dell’art. 5 bis del d. lgs. n. 33 del 2013, che non esenta in toto la materia dall’accesso civico generalizzato”. Ma ciò non esclude che si debba procedere a verificare la compatibilità dell’accesso con le eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti dalla norma, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza. Affermata la legittimità dell’interesse ad una conoscenza diffusa da parte dei cittadini nell’esecuzione dei contratti pubblici, al fine di sollecitare i correlativi controlli da parte delle autorità aventi ad oggetto l’inefficienza, la corruzione, la cattiva amministrazione o più semplicemente il corretto adempimento delle prestazioni dell’appaltatore, a maggior ragione, in sede esecutiva del contratto, sussiste l’interesse degli operatori economici che abbiano partecipato alla gara, sia per far valere vizi originari dell’offerta nel giudizio promosso contro l’aggiudicazione eventualmente ancora in corso, sia con riferimento alla fase esecutiva. Ma tale interesse conoscitivo, che non esige una motivazione specifica, non può però prescindere da una valutazione di non genericità e di pur minima concretezza, anche sotto un profilo puramente indiziario, e non può attestarsi su una mera ed ipotetica prospettazione dell’esistenza di una difformità tra il contratto e l’esecuzione del servizio. Tale istanza, in altri termini, deve considerarsi meramente esplorativa, e si converte in un inutile intralcio all’esercizio delle funzioni amministrative e un appesantimento immotivato delle procedure di espletamento dei servizi

Nel caso di specie, poi, un ulteriore motivo di appello censurava la sentenza di primo grado per non avere riconosciuto l’istanza di accesso massiva ed eccessivamente sproporzionata. Anch’esso trova accoglimento. L’interessata, infatti, ha proposto istanza di accesso richiedendo documenti per migliaia di pagine, senza peraltro fornire alcuna motivazione e giustificazione.

Anche in tal caso il Consiglio di Stato richiama l’autorità di AP 10/2020, secondo la quale è ‘possibile e doveroso evitare e respingere: richieste manifestamente onerose o sproporzionate e, cioè, tali da comportare un carico irragionevole di lavoro idoneo a interferire con il buon andamento della pubblica amministrazione; richieste massive uniche (v., sul punto, Circolare FOIA n. 2/2017, par. 7, lett. d; Cons. St., sez. VI, 13 agosto 2019, n. 5702), contenenti un numero cospicuo di dati o di documenti, o richieste massive plurime, che pervengono in un arco temporale limitato e da parte dello stesso richiedente o da parte di più richiedenti ma comunque riconducibili ad uno stesso centro di interessi; richieste vessatorie o pretestuose, dettate dal solo intento emulativo, da valutarsi ovviamente in base a parametri oggettivi”.

Consiglio di Stato, Sez. III, 25 gennaio 2022, n. 495

Pierluigi Giammaria – p.giammaria@lascalaw.com

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