La Corte di Cassazione torna ad occuparsi della portata oggettiva della responsabilità per custodia a norma dell’art. 2051 c.c., il cui criterio di imputazione prescinde da connotati di colpa.
Da tale norma, la giurisprudenza ha fatto discendere due importanti corollari:
a) è da considerarsi conseguenza normale imputabile quella che – secondo l'”id quod plerumque accidit” e quindi in base alla regolarità statistica – “integra gli estremi di una sequenza costante dello stato di cose originatosi da un evento iniziale (sia esso una condotta umana oppure no), che ne costituisce l’antecedente necessario” ;
- b) ciò che “non è prevedibile oggettivamente ovvero tutto ciò che rappresenta un’eccezione alla normale sequenza causale, integra il caso fortuito” quale fattore estraneo alla sequenza originaria, e “tale da interrompere il nesso con quella precedente, sovrapponendosi ad essa ed elidendone l’efficacia condizionante”.
Tali principi vengono applicati al caso sottoposto all’attenzione della Corte. Nella specie, i ricorrenti chiedevano la condanna al risarcimento dei danni conseguenti alla morte di un loro congiunto, occorsa quando, durante un nubifragio, lo stesso veniva travolto dalla caduta di un albero, che insisteva sul terreno di proprietà dei resistenti, tenuti, pertanto, ad un obbligo di custodia. Tuttavia, la caduta dell’albero non era causata dai limiti del tronco e delle radici dell’albero, ma dal nubifragio e le raffiche di vento eccezionalmente violente.
Accertata, dunque, l’eccezionale portata degli eventi atmosferici verificatisi, la responsabilità da custodia deve ritenersi interrotta da un evento fortuito.
Cass., Sez. III Civ., 13 settembre 2018, n. 22288
Serena Cefola – s.cefola@lascalaw.com
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