23.09.2019 Icon

Bancarotta fraudolenta: i pagamenti in nero pregiudicano la loro correlabilità ai costi aziendali

Il pagamento dei fornitori avvenuto per contanti costituisce ostacolo in ordine alla dimostrabilità -incombente sull’imputato – della destinazione delle somme prelevate al pagamento delle prestazioni eseguite dai fornitori medesimi in mancanza di alcuna registrazione in contabilità che possa assicurarne la rispettiva correlabilità.

La Corte d’Appello confermava la sentenza del giudice di prime cure con cui l’imputato è stato ritenuto responsabile in ordine ai delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, per avere, in qualità di amministratore della fallita, distratto somme di denaro mediante prelievi in contanti non giustificati dal conto della società e, allo scopo di arrecare pregiudizio ai creditori, distrutto o occultato le scritture contabili, così da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.

Nel proporre specifico gravame dinanzi al Supremo Collegio il ricorrente lamentava la mancata acquisizione da parte della Corte di Appello di svariati documenti offerti dalla difesa. Attraverso la documentazione di cui si era chiesta l’acquisizione, aveva inteso dimostrare che il dissesto non fosse stato causato dal comportamento dell’imputato bensì dall’inadempimento di diversi debitori della società che non avevano provveduto al pagamento dei rispettivi debiti come risulta dimostrato dal fatto che essi erano stati, a loro volta, dichiarati falliti. Si lamentava, altresì, di come la Corte d’Appello avesse, invece, rigettato tutte le richieste istruttorie avanzate dalla difesa e questo nonostante avesse ritenuto che i prelievi non fossero stati destinati a fini societari, laddove essi in realtà furono resi necessari dal fatto che diversi fornitori, pur emettendo regolare fattura, volevano essere pagati solo in contanti.

Il Supremo Collegio riteneva di dover rigettare il ricorso in quanto inammissibile ritenendo che la Corte territoriale avesse già esaustivamente indicato le ragioni del rigetto della richiesta di acquisizione degli svariati documenti indicati dalla difesa, argomentando come “difficilmente i fornitori, che secondo la prospettazione difensiva avrebbero preteso e ricevuto pagamenti in contanti in quanto a loro volta in difficoltà, avrebbero ammesso tale circostanza in dibattimento, e che in ogni caso, di là della loro non certa attendibilità, non si sarebbe in tal modo dimostrata la destinazione delle somme prelevate al pagamento delle prestazioni da loro eseguite in mancanza di alcuna registrazione in contabilità che potesse assicurare la rispettiva correlabilità; né si sarebbe potuto, perimenti, giungere alla conclusione auspicata attraverso la mera acquisizione delle fatture attive e passive, trattandosi di imputare specifici prelievi a determinate destinazioni che in mancanza di dati certi si risolvono, in buona sostanza, in mere prospettazioni non idonee a costituire quella valida giustificazione richiesta anche dalla giurisprudenza di questa Corte affinché l’atto di distacco di un bene della società possa ritenersi, appunto, lecito e coerente con l’attività della fallita (e ciò di là del rilievo che il pagamento a nero di un debito, sebbene atto non estraneo alle finalità dell’impresa, si risolve sotto certi aspetti comunque in un atto avventato e poco opportuno perché in mancanza di una ricevuta che ne attesti l’avvenuta esecuzione esso finisce con il non liberare la società, che rimane formalmente ancora debitrice).”.

Secondo quella che è la giurisprudenza consolidata, infatti, una volta intervenuta la sentenza dichiarativa di fallimento, ogni atto distrattivo assume rilevanza penale in quanto, avendo arrecato la corrispondente diminuzione del patrimonio destinato alla garanzia dei creditori si è tradotto, di per sé stesso, in un immediato pregiudizio per gli stessi. Infatti, la dichiarazione di fallimento non costituisce l’evento del reato di bancarotta, per cui è irrilevante il nesso eziologico tra la condotta realizzatasi con l’attuazione di un atto dispositivo -che incide sulla consistenza patrimoniale di un’impresa commerciale- ed il successivo fallimento.

Cass., V Sez. Penale, 26 giugno 2019, n. 38452Fabrizio Manganiello – f.manganiello@lascalaw.com

© RIPRODUZIONE RISERVATA