08.07.2021 Icon

Atto di precetto: limiti alla responsabilità dell’avvocato

Sussiste la responsabilità professionale dell’avvocato che abbia precettato un importo superiore rispetto a quanto effettivamente dovuto dal debitore solo ove quest’ultimo riesca a provare la condotta colposa del difensore che abbia indotto il presunto danneggiato al pagamento dell’intera somma intimata in favore del creditore.

La decisione della Corte di legittimità trae origine da una vicenda in cui il debitore, dopo aver corrisposto l’intero importo intimato con l’atto di precetto, agiva in giudizio contro il difensore del creditore per ottenere la restituzione di quanto indebitamente versato e il risarcimento del danno. Il Tribunale accoglieva le domande del presunto danneggiato, mentre la Corte d’Appello le rigettava.

La Corte suprema ha ritenuto inammissibile – tra gli altri – il quarto motivo di ricorso con cui il ricorrente contestava la decisione della Corte d’Appello di aver rigettato la domanda risarcitoria. L’inammissibilità del motivo si fonda su due assunti ampiamente condivisibili: in primo luogo  i giudici di legittimità hanno affermato che nella fattispecie concreta non è configurabile un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale, infatti i pagamenti effettuati dal debitore in adempimento all’intimazione contenuta nell’atto di precetto sono da considerarsi meri pagamenti spontanei (e non avvenuti coattivamente), ben potendo l’intimato ricorrere allo strumento dell’opposizione ex art 615 c.p.c.; in secondo luogo la domanda risarcitoria difetta dell’allegazione da parte dell’attore di una condotta colposa “di induzione” al pagamento del professionista che aveva redatto gli atti di precetto in contestazione.

Sul secondo punto i giudici di legittimità, confermando quanto già asserito dalla Corte d’Appello, hanno chiarito che per affermare la responsabilità del professionista ex art. 2043 c.c. non è sufficiente dimostrare che abbia redatto l’atto di precetto indicando importi superiori rispetto a quelli effettivamente dovuti, ma è necessario provare che il difensore abbia avuto una condotta colposa che si sia concretizzata quantomeno nell’indurre il debitore a pagare il non dovuto. Tale condotta deve essere specificamente allegata e provata dal danneggiato. La rappresentazione di pretese infondate a mezzo di un legale non può di per sé ritenersi una condotta idonea ad indurre in errore la controparte e quindi comportare in via automatica una responsabilità risarcitoria, tenuto conto della situazione di conflitto che, per definizione, sussiste tra le parti stesse nonché dei principi e delle specifiche disposizioni normative che regolano la responsabilità professionale dell’avvocato e, più in generale, la responsabilità processuale.

Cass., Sez. III, Ord., 8 giugno 2021, n. 15963

Mariangela Sampogna – m.sampogna@lascalaw.com

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