12.04.2017 Icon

Condannata a pagare le spese di mediazione la parte scorretta in fase stragiudiziale

Chi induce la propria controparte a promuovere tentativo di conciliazione, ponendo in essere una condotta “scorretta” già in sede stragiudiziale, merita la condanna del Giudice al pagamento delle spese derivanti dall’audizione del Mediatore, pur non soccombendo in giudizio.

Lo ha stabilito il Tribunale di Lecce, con sentenza n. 4697, pubblicata il 5 novembre 2016, ma divenuta oggetto di particolare attenzione, all’interno delle aule di giustizia, nelle camere arbitrali e di mediazione, solamente ora.

Nella fattispecie portata all’attenzione del Giudicante salentino, un datore di lavoro conveniva in giudizio il proprio assicuratore al fine di conseguire l’indennizzo previsto in favore dei propri dipendenti, giusta polizza infortuni stipulata a vantaggio di questi ultimi, ulteriore rispetto a quello già liquidato, in limine litis, dalla compagnia assicurativa.

La compagnia si costituiva in giudizio eccependo, preliminarmente, l’improcedibilità dell’avversa domanda per il mancato esperimento della procedura di arbitrato (prevista dal capitolato della polizza azionata), oltreché della procedura di mediazione prescritta ex lege per la vertenza in oggetto.

L’attore avviava, dunque, le suddette procedure allo scopo di trovare, con il proprio assicuratore, un punto d’incontro sulle uniche questioni rimaste controverse: la natura delle lesioni fisiche subite dai lavoratori e il conseguente grado di invalidità permanente (elementi ignorati, in fase stragiudiziale, dalla compagnia assicurativa, ancorché vagliati positivamente dal medico fiduciario di quest’ultima, a mente dell’ampia documentazione sanitaria rimessa dall’assicurato).

Nessuno degli istituti deflattivi del contenzioso che parte attrice era stata indotta ad azionare per ottenere tutela di un proprio diritto soggettivo, esitavano, tuttavia, nell’auspicata composizione bonaria della lite.

Espletata la trattazione scritta della causa, mediante deposito di memorie ex art. 183, VI comma, c.p.c., e preso atto della mancata conciliazione dei contendenti, il Magistrato leccese, ritenuta la causa incardinata presso di sé matura per la decisione, senza procedere ad istruttoria si pronunciava nei termini che seguono.

Richiamando giurisprudenza di legittimità già espressasi sul punto (cfr. Cass. Civ., Sez. III, n. 1607 del 27 gennaio 2014), il Tribunale di Lecce respingeva la domanda attorea di maggior ristoro, perché ritenuta non sufficientemente provata, ma accoglieva la richiesta di rifusione delle spese sopportate per l’avvio della mediazione e dell’arbitrato, avanzata dallo stesso attore, posto che quest’ultimo si era visto “costretto” ad accedervi a causa del comportamento stragiudiziale assunto dalla società convenuta, qualificato dal Giudicante contrario al dovere di correttezza di cui all’art. 1375 c.c.

Osservava, infatti, il Magistrato che all’attore non era stata posta altra scelta che adire le vie legali e, perciò, promuovere le procedure in rassegna, in quanto la convenuta, nel denegare il maggiore indennizzo invocato, aveva ignorato le conclusioni tratte dal suo stesso medico fiduciario, per giunta conformi alle richieste dell’assicurato (che per questo, già in fase stragiudiziale, aveva maturato un legittimo affidamento nella positiva definizione della controversia).

Posto quanto premesso, dunque, il decidente, pur respingendo la domanda formulata nel merito da parte attrice, condannava la compagnia assicurativa a coprire interamente le spese sostenute dall’attore per proporre domanda di mediazione e dare impulso alla procedura di arbitrato, compensando, invece, le spese di giudizio.

Benedetto Losacco – b.losacco@lascalaw.com

© RIPRODUZIONE RISERVATA