In assenza di specifico atto pubblico di trasferimento, costitutivo del condominio, per comprendere se un bene dello stabile abbia natura condominiale o appartenga, al contrario, ad un singolo condomino, non è sufficiente un mero atto di destinazione unilaterale del singolo ma occorre aver riguardo all’oggettiva, chiara e trasparente destinazione dello stesso, alla luce dei connotati strutturali del bene o alla particolare collocazione del medesimo.
Questo, riassumendo, quanto affermato dalla Suprema Corte nella recente ordinanza 22 giugno 2016, n. 12980.
Tale principio – precisa la Corte richiamandosi al proprio costante e consolidato orientamento – nasce indiscutibilmente dalla necessità di contemperare le esigenze e le ragioni di proprietà dei singoli condomini con il “permanere stabile” ed inequivocabile della struttura condominiale, specie in tutti i casi in cui un condominio origini dallo smembramento di una singola, precedente, proprietà individuale.
In applicazione di tale principio, quindi, per quanto non possa disconoscersi all’unico originario proprietario la facoltà di destinare singole frazioni o parti di esso a uso esclusivi e specifici, perché tale volontà unilaterale possa imporsi agli eventuali acquirenti delle porzioni dello stabile (id est: ai futuri condomini) è necessario che “l’elisione del nesso pertinenziale tra res principale e res secondaria, laddove non esplicitato nell’atto pubblico di trasferimento, emerga comunque chiaramente sul piano oggettivo”.
Cass. Civ., sez. VI, 22 giugno 2016, ordinanza n. 12980 (leggi l’ordinanza)
28 giugno 2016