La valutazione sommaria della richiesta di sospensione dell’esecuzione da parte del Giudice dell’Esecuzione deve necessariamente muovere le premesse dall’analisi dell’esistenza dei “gravi motivi” richiesti dall’art. 624 c.p.c.
Questo, in sintesi, il pensiero della recente pronuncia del Tribunale di Lecce – Sezione Esecuzione emessa al termine di un giudizio di opposizione ad atto di precetto ex art. 615, II° c.p.c.
E invero, con un ragionamento logico giuridico che, a parere di chi scrive, appare del tutto condivisibile, il magistrato leccese enuclea i presupposti su cui deve essere fondata l’istanza di sospensione dell’esecuzione, sostenendo che l’indagine su quest’ultima deve necessariamente avere “carattere sommario”.
In particolare, per il Giudice dell’Esecuzione, per aversi sospensione dell’efficacia esecutiva devono necessariamente concorrere dei gravi motivi, che consistono, sostanzialmente, nella “possibilità che l’opposizione sia dichiarata fondata nonché il pregiudizio che l’esecutato risentirebbe per effetto de un’esecuzione ingiusta”
E’ da tale punto di vista che il magistrato muove le premesse per respingere, nel caso de quo, le richieste avanzate dal debitore opponente.
In particolare il rigetto della sospensione dell’efficacia del precetto si basa sulla circostanza per cui l’opposizione “non appare meritevole di accoglimento”: da un lato infatti l’azione giudiziale non risulta essere stata proposta tempestivamente mentre dall’altro non appare ravvisabile – stante anche la documentazione versata in atti – il grave nocumento che il ricorrente subirebbe a seguito dell’assegnazione della somma percepita a titolo di emolumento.
Secondo il Giudice, infatti, in merito a quest’ultimo aspetto “ai sensi dell’art. 545 c.p.c., le somme dovute dai privati a titolo di stipendio possono essere pignorate nella misura di un quinto per ogni credito vantato nei confronti del lavoratore;rilevato che la retribuzione, pertanto, rientra tra i beni sui quali, nei limiti del quinto, il creditore può soddisfarsi attraverso l’espropriazione presso terzi, a prescindere dall’ammontare della stessa, non prevedendo il predetto articolo l’impignorabilità della retribuzione inferiore al c.d. minimo vitale”.
Trib. Lecce, 11 marzo 2016