12.11.2025 Icon

La Cassazione e l’obbligo di massima buona fede nelle polizze claims made

Con la pronuncia in commento, la Corte di Cassazione affronta un tema centrale nel diritto assicurativo: l’obbligo di buona fede e correttezza dell’assicurato, ai sensi dell’art. 1892 c.c., nel contesto delle polizze professionali c.d. “claims made”.

La vicenda nasce dal decesso di un paziente in seguito a un intervento chirurgico. Il medico anestesista, ritenuto unico responsabile per malpractice, aveva stipulato una polizza con una compagnia assicurativa tre giorni dopo l’evento fatale. La compagnia era stata condannata in primo e secondo grado a manlevare il professionista, sul presupposto che questi, al momento della stipula, non avesse ancora ricevuto alcuna richiesta risarcitoria né fosse a conoscenza di valutazioni medico-legali a suo carico.

L’assicuratore ricorreva per cassazione, sostenendo che la Corte d’appello avesse mal applicato l’art. 1892 c.c., trascurando l’obbligo dell’assicurato di dichiarare tutte le circostanze rilevanti per la valutazione del rischio, anche in assenza di richieste formali di danno.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte, nell’accogliere il ricorso, richiama un principio di diritto ormai consolidato, secondo cui

Il contratto di assicurazione esige dall’assicurato la uberrima bona fides, in quanto solo l’assicurato è a conoscenza delle circostanze che consentiranno all’assicuratore di valutare l’intensità del rischio e fissare il relativo premio.”.

Tale dovere di lealtà informativa ha, secondo la Corte, valore inderogabile e non può essere limitato alla mera dichiarazione di eventi noti o già formalizzati. La reticenza gravemente colposa non è sanata dall’assenza di una specifica clausola contrattuale, poiché siffatto onere discende dalla legge e non dal contratto.

Il Collegio rileva, inoltre, che la clausola assicurativa in esame subordinava l’operatività della garanzia alla condizione che l’assicurato “non abbia ricevuto alla data di stipula richieste risarcitorie” o “non abbia avuto percezione, notizia o conoscenza dell’esistenza dei presupposti di responsabilità”. Tuttavia, la Corte d’appello aveva valorizzato soltanto la prima condizione (assenza di richiesta di risarcimento), trascurando la seconda. Si tratta, secondo la Suprema Corte, di interpretazione non condivisibile, poiché la clausola contrattuale dava rilievo anche solo alla mera percezione da parte dell’assicurato della sussistenza dei presupposti della propria responsabilità, evenienza dotata di autonomo rilievo rispetto alla conoscenza di una richiesta risarcitoria.

La Suprema Corte sottolinea come, nel caso di specie, la stipula della polizza post factum, tre giorni dopo il decesso del paziente, rendesse particolarmente cogente l’obbligo di uberrima bona fides del medico. La Corte d’appello avrebbe dovuto verificare se il professionista avesse avuto, già al momento della stipula, una percezione del rischio derivante dal decesso improvviso, evento anomalo e grave, suscettibile di far presumere una possibile responsabilità professionale. L’omissione di tale verifica comporta, conclude la Cassazione, l’imperfetta applicazione dell’art. 1892 c.c. e impone la cassazione della sentenza impugnata.

In conclusione, la Corte Cassazione ha accolto il ricorso ed enunciato il seguente principio di diritto:

L’art. 1892 cod. civ. è espressione del consolidato principio per cui il contratto di assicurazione esige dall’assicurato la uberrima bona fides, in quanto solo l’assicurato è a conoscenza delle circostanze che consentiranno all’assicuratore di valutare l’intensità del rischio e fissare il relativo premio, di talché la clausola contrattuale che subordini l’operatività della garanzia in favore dell’assicurato, per fatti suscettibili di comportarne la responsabilità professionale, alla duplice (alternativa) condizione che il medesimo “non abbia ricevuto alla data di stipula richieste risarcitorie”, ovvero che “non abbia avuto percezione, notizia o conoscenza, dell’esistenza dei presupposti di detta responsabilità”, deve essere interpretata attribuendo a tale seconda condizione autonoma rilevanza rispetto alla prima, con conseguente obbligo di separata verifica anche di quella.”.

Autore Eleonora Gallina

Associate

Milano

e.gallina@lascalaw.com

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