Deve essere omologata la proposta di concordato preventivo in continuità aziendale il cui piano preveda la distribuzione del valore eccedente in percentuali più alte per i creditori privilegiati degradati a chirografo per incapienza rispetto ai chirografari ab origine, in quanto i primi godono di un privilegio attenuato e non sono quindi equiparabili ai secondi.
La decisione della Corte d’Appello di Milano del 24 marzo 2025 affronta un tema centrale per l’applicazione del concordato in continuità: il trattamento dei creditori privilegiati degradati nella distribuzione del valore eccedente rispetto al valore di liquidazione e il rapporto con i chirografari ab origine.
La vicenda nasce da una proposta in continuità diretta articolata in dodici classi, con integrale soddisfacimento dei creditori privilegiati nei limiti del valore di liquidazione. A partire dalla quinta classe, tuttavia, emergeva incapienza e conseguente degradazione della parte residua a chirografo. Sul valore eccedente il piano prevedeva percentuali differenziate: 30% ai privilegiati erariali degradati, 9% ai tributi locali, 5% ai chirografari originari. Pur ottenendo il voto favorevole della maggioranza delle classi, la proposta era osteggiata dalla classe bancaria, rendendo necessaria l’omologazione forzosa ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett. d), C.C.I.I.
Il Tribunale di Busto Arsizio aveva negato l’omologa, ritenendo che i privilegiati degradati dovessero essere equiparati ai chirografari ab origine e ricevere la stessa percentuale. La Corte d’Appello ribalta questa impostazione, affermando che la degradazione incide sul grado di soddisfacimento ma non elimina la natura privilegiata del credito, che resta riconoscibile anche nella ripartizione del valore eccedente. Il credito degradato mantiene una posizione formalmente e sostanzialmente distinta rispetto a quello chirografario, secondo una logica di “privilegio attenuato”.
Come rileva il provvedimento, «i creditori privilegiati falcidiati e degradati a chirografo devono essere collocati in una posizione preferenziale […] rispetto ai chirografari ab origine» e non avrebbe senso, diversamente, prevedere una regola che impone un trattamento almeno pari alle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quelle inferiori se non vi fosse alcuna distinzione fra esse. La Corte valorizza così la relative priority rule e ribadisce che la degradazione non può trasformarsi in un appiattimento della gerarchia concorsuale, pena lo svuotamento della disciplina.
Viene inoltre precisato che il rispetto dell’ordine delle prelazioni rimane imprescindibile nella distribuzione del valore eccedente, salvo impiego di risorse esterne: solo queste ultime consentono di derogare alla graduazione legale. La scelta del Tribunale, osserva la Corte, avrebbe comportato una neutralizzazione della differenza tra privilegio degradato e chirografo e, soprattutto, avrebbe finito per penalizzare lo strumento concordatario, che il legislatore individua come via preferenziale rispetto alla liquidazione giudiziale.
La decisione della Corte d’Appello di Milano segna un passaggio significativo nella definizione delle regole applicative del Codice della crisi in materia di continuità aziendale. La degradazione del credito privilegiato non ne comporta la piena assimilazione al chirografo: la natura prelatizia, pur ridimensionata, continua a operare e richiede un trattamento relativamente preferenziale. In assenza di risorse esterne, il valore eccedente non può dunque essere distribuito in modo indifferenziato, perché ciò svuoterebbe la funzione del classamento e della priorità relativa, oltre a introdurre un’asimmetria rispetto alla liquidazione giudiziale, dove la precedenza dei privilegiati incapienti rimarrebbe comunque riconosciuta.
La pronuncia fornisce così un orientamento chiaro per la redazione e la valutazione dei piani, riducendo incertezza applicativa e garantendo coerenza con la logica del legislatore: sostenere la continuità aziendale senza alterare arbitrariamente l’assetto delle garanzie e dei diritti dei creditori. Si tratta di un equilibrio che rafforza la prevedibilità del giudizio di omologa e contribuisce a consolidare il concordato in continuità come strumento affidabile nella gestione della crisi d’impresa.
11.11.2025