13.12.2018

Di Maio ha un piano per Alitalia ma servono almeno 2 miliardi

  • La Repubblica

Se fosse davvero così come Luigi Di Maio vede il futuro di Alitalia, allora sarebbe un bel successo. Niente fondi dallo Stato ( « perché i cittadini non devono tirare fuori un solo euro » , tuona da qualche settimana il vice premier), due compagnie straniere, easyJet e Delta, disposte a indicare la rotta del rilancio al socio Ferrovie. E poi aerei nuovi di zecca, comperati o noleggiati da Boeing grazie a Cassa Depositi e Prestiti come garante.
Infine, perché no, mettiamoci anche una quota di partecipazione di poco inferiore al 15% per il Mef nella veste di controllore del consorzio che dovrebbe mettere insieme tutte queste aziende. Una sorta di golden share, dal sapore d’altri tempi e in stile Air France, pronta bloccare ogni tentativo di svuotare la compagnia italiana di personale e collegamenti.
Sarebbe bello certo, solo che manca un dato fondamentale che Di Maio, ieri al termine dell’incontro molto atteso coi sindacati, non ha spiegato: ma il denaro chi ce lo mette in Alitalia? Non quattro soldi, ma una prima, imponente iniezione da almeno 2 miliardi di euro, al netto di quanto già impegnato per pagare il prestito ponte da 1 miliardo, la cui restituzione è di fatto rinviata a giugno.
Al tavolo aperto da Di Maio presso il suo ministero, latitava proprio l’invitato principale e cioè i fondi necessari per il decollo della nuova Alitalia, che al momento nessuno sa da dove arriveranno. Non basta, perché manca ancora il via libera dell’Antitrust alla prevista concentrazione di rotte nelle mani di Alitalia ed Fs. Tra due settimane, poi, verranno a mancare all’appello i soldi che alimentano il fondo di solidarietà che paga le crisi del comparto aereo. Insomma all’orizzonte si prospetta un inverno molto gelido per Alitalia.
Di Maio però non si scompone e promette che « entro gennaio » tutti i quesiti, compreso il consorzio e la compagine azionaria, avranno una risposta. All’ormai tradizionale raffica di dichiarazioni del ministro («sono molto fiducioso sul rilancio, a gennaio arriverà il nuovo piano industriale ») sono gli stessi sindacati a mostrare una certa cautela uscendo dall’incontro. A partire dalle sigle professionali Anpac, Anpav e Anp che si dicono « preoccupate » e parlano di « orizzonte offuscato, con poche certezze sul futuro » ; fino a Cgil, Cisl, Uil e Ugl, che per adesso si limitano anch’esse ad auspicare « l’inizio di un nuovo percorso » e « il mantenimento dei posti di lavoro accompagnato da un vero rilancio della compagnia». Ora si attendono le mosse di Ferrovie e dell’ad Gianfranco Battisti, che dovrà mettere a punto il piano industriale per le due società, entro gennaio.
Ma dietro le quinte lavorano ad un accordo sul filo di lana i tre commissari di Alitalia, il governo e il grande assente di questa fase della trattativa, Lufthansa. I tedeschi hanno più volte ribadito che Alitalia « va profondamente ristrutturata » prima di ritentare una qualsiasi ipotesi di rilancio che risulterebbe, altrimenti, fallita sul nascere. I tedeschi potrebbero rientrare in gioco se easyJet e Delta non apriranno il portafogli investendo concretamente. Al momento sono pronte a concedere solo qualche collegamento in più verso il Nord America ( Delta) e ad occupare qualche slot di medio raggio easyJet).
Il tempo però stringe e ci sono meno di 50 giorni per trovare una soluzione. Dopo di che per Alitalia arriverà il grande freddo e la crisi finale.

Lucio Cillis