Quando meno te l’aspetti, il BTp piazza la sua zampata. Un certo ritorno di interesse nei confronti dei titoli di Stato italiani, complice verosimilmente l’accordo con la Ue sul debito e anche la riorganizzazione dei portafogli da parte degli investitori con l’avvio del nuovo anno, lo si era già in parte avvertito nelle aste a breve e a medio-lungo termine della scorsa settimana. E pure, al di fuori del mondo del debito pubblico, con le emissioni di Telecom Italia ed Enel. Pochi però si aspettavano che il collocamento del nuovo titolo a 15 anni potesse registrare con 10 miliardi di euro l’ammontare record per un’operazione sugli stessi BTp attraverso sindacato e soprattutto attirare un numero di richieste oltre tre volte il quantitativo emesso (35,5 miliardi, anche questo un primato).
Rivincita dopo il flop BTp Italia
La conferma arriva da chi ha seguito in prima battuta l’emissione: «È andata decisamente meglio di quanto ci si potesse attendere», ammette Luca Falco, deputy head Syndicate and Capital Markets di UniCredit, che ha affiancato nell’operazione Barclays, Citigroup, Hsbc France e Jp Morgan. Il risultato appare ancora più rilevante alla luce del flop registrato dal BTp Italia lo scorso novembre. Da allora, però, qualcosa nell’atteggiamento degli investitori è sicuramente cambiato in virtù dell’accordo fra Governo e Commissione Ue che ha per il momento scongiurato l’apertura di una procedura per debito eccessivo nei confronti del nostro Paese.
Ma è anche lo scenario internazionale a offrire sostegno: «Con la fine degli acquisti legati al quantitative easing Bce molti investitori erano sottopesati sull’obbligazionario europeo, temendo un rialzo dei tassi che poi alla riprova dei fatti non si è visto anche perché dalla crescita economica sono arrivati segnali tutt’altro che incoraggianti», nota Falco. Il risultato è che molti si sono quindi trovati sottoesposti sull’Italia per due ordini di motivi e adesso stanno correndo ai ripari con una certa rapidità.
La mano degli investitori esteri
Scendendo nel dettaglio, il titolo emesso ieri scade a marzo 2035, ha una cedola annua pari al 3,35% ed è stato venduto a un prezzo pari a 99,609 che corrisponde a un rendimento lordo del 3,41 per cento. La differenza rispetto al precedente benchmark a 15 anni (settembre 2033) è di 18 punti base, quando le attese erano per 20-22 punti base, quindi superiori. Il successo dell’operazione si misura però anche analizzando la platea dei sottoscrittori: «Due terzi delle richieste sono arrivate dall’estero», rileva ancora Falco, sottolineando quindi un’inversione di tendenza significativa rispetto al passato.
In base ai dati comunicati sempre ieri dalla Banca d’Italia risultava in effetti come nel mese di ottobre gli investitori non residenti avessero ulteriormente ridotto di 4,7 miliardi le partecipazioni in titoli di Stato italiani a 651,6 miliardi, portando così a 70,6 miliardi (cioè oltre il 10%) il deflusso rispetto al picco di 772,1 miliardi registrato lo scorso aprile. Nello stesso lasso di tempo la quota di BTp in mano estera era scesa dal 31,2% al 27,9 per cento.
Tesoro in cerca di conferme
Impossibile al momento stabilire se l’esito estremamente favorevole del collocamento in un giorno in cui sul mercato secondario i BTp sono stati invece venduti (il rendimento del decennale è salito di 3 centesimi al 2,88%, per uno spread sul Bund che si è attestato a 267 punti base) rappresenti una tendenza duratura. «Si tratta di un segnale significativo, anche per chi ieri ha deciso di non investire nel BTp e ha deciso di restare per il momento ai margini», nota comunque Falco. Un segnale però da confermare, nelle prossime aste e nei successivi collocamenti sindacati di primavera, per capire quale sia davvero lo stato di salute del paziente Italia.
Maximilian Cellino