Tribunale di Milano, Sez. Spec. in materia di impresa, 19 febbraio 2015, n. 2271 Con la sentenza n. 2271/2015 dello scorso 19 febbraio, la Sezione Specializzata in materia di impresa del Tribunale di Milano è tornata a occuparsi di un tema che contrappone da anni i fabbricanti di autovetture e i produttori di componenti: quello dell’ambito della cosiddetta “clausola di riparazione”.
La vicenda ha interessato una nota casa automobilistica tedesca che aveva convenuto in giudizio due aziende italiane che commercializzavano “repliche” di cerchioni per le sue autovetture; tali cerchioni erano stati registrati separatamente come modelli comunitari presso l’OAMI. Secondo la ricostruzione di parte attrice, quest’attività costituiva un caso “da manuale” di violazione dei diritti di privativa industriali; sulla base di ciò, chiedeva non solo l’inibitoria, ma anche l’ordine di ritiro dal commercio e la distruzione dei prodotti circolanti, oltre che la condanna al risarcimento dei danni.
L’unica convenuta costituitasi in giudizio (l’altra era fallita nel frattempo) argomentava, al contrario, che la sua attività era assolutamente lecita giacché si fondava sulla cd. “clausola di riparazione” così come prevista dall’art. 110 del Regolamento n. 6/2002/CE per i modelli comunitari, e dall’art. 241 Codice della proprietà industriale per i modelli nazionali. In sostanza, tale clausola consente la produzione e vendita di componenti (nel caso di specie, i cerchioni) anche se brevettati come modelli, laddove hanno il solo scopo di ripristinare l’estetica dell’originario prodotto complesso cui accedono (nel caso di specie, l’autovettura).
La convenuta sosteneva, in particolare, che l’attività dei produttori di cerchioni ricadesse per definizione nell’ambito della clausola di riparazione, sulla considerazione che trattasi a tutti gli effetti di “pezzi di ricambio”. Tali difese, traggono il loro fondamento sulla tesi dell’esistenza di una distinzione tra “pezzo di ricambio”, compreso nell’ambito della clausola di riparazione, e “accessorio” (cioè, componente opzionale), estraneo ad essa.
Il Tribunale di Milano ha, tuttavia, considerato la qualificazione del cerchione come accessorio o pezzo di ricambio irrilevante e fuorviante. Esso ha, quindi, ribadito la propria ormai storica posizione sul punto: l’inapplicabilità della “clausola di riparazione” ai cerchioni per ruota oggetto di modello. La ragione dell’inapplicabilità starebbe, per i Giudici milanesi, nell’autonomia dell’estetica dei cerchioni rispetto all’estetica della vettura, confermata nei fatti proprio dall’esistenza di operatori specializzati nella sola produzione e vendita di cerchioni, senza vincoli di appartenenza ad alcuna casa automobilistica.
In sostanza, secondo i giudici milanesi, avendo il cerchione un’estetica propria del tutto indipendente dalle peculiarità della forma del veicolo, si deve escludere in radice che esso possa condizionare l’aspetto originario dell’autovettura e, quindi, che la sua vendita possa ritenersi finalizzata al “ripristino” di quello.
Sulla base di tali rilievi, il Tribunale ha dichiarato la contraffazione dei modelli dell’attrice, ne ha inibito la produzione, la commercializzazione e la promozione pubblicitaria, ha ordinato la pubblicazione del dispositivo della sentenza su un quotidiano e una rivista specializzata, e ordinato a entrambe il ritiro dal commercio e la distruzione dei cerchioni circolanti a propria cura e spese. Per il risarcimento dei danni nei confronti della sola convenuta non fallita (per l’altra, la questione dovrà discutersi in sede concorsuale) ha invece disposto la prosecuzione del giudizio, ritenendo necessaria ulteriore istruttoria.
27 marzo 2015Franco Pizzabiocca – f.pizzabiocca@lascalaw.com