24.07.2013 Icon

L’istituto bancario è sempre responsabile della riconducibilità all’azienda della persona che firma l’assegno

Cass., 12 luglio 2013, n. 17269 (leggi la sentenza per esteso)

Il caso:

La curatela del Fallimento citava in giudizio la Banca chiedendo l’accertamento dell’inopponibilità al fallimento degli assegni emessi dall’amministratore della società in bonis, su un conto corrente intestato alla società e aperto presso l’Istituto di credito convenuto. Gli assegni erano stati trattati sul conto corrente della società, senza spendita della qualità di rappresentante della società, a favore dello stesso traente.

Il Tribunale di Napoli accoglieva la domanda e contro di essa la Banca proponeva appello sostenendo la tesi che il principio, per il quale la conteplatio domini può essere dedotta anche dal comportamento concludente del rappresentante, vale per i titolo di credito e in particolare gli assegni.

La Corte di Appello respingeva il gravame.

La sentenza muove dalla giurisprudenza ormai consolidata in materia di sottoscrizione di titoli di credito. In particolare, la sottoscrizione di girata di un assegno, per rispondere ai requisiti prescritti dall’art. 11 r.d. n. 1736 del 1933, improntati al rigore formale delle obbligazioni cartolari, deve soddisfare alle esigenze di chiarezza, univocità e certezza, sicché in ogni caso la sottoscrizione stessa deve essere riconoscibile, nel senso che essa deve consentire che sia accertata l’identità del sottoscrittore. Dette prescrizioni non vengono meno per il caso in cui l’assegno sia emesso o girato da un ente collettivo (persona giuridica, società commerciale) richiedendosi anche, nel caso suddetto, che la dicitura di emissione o di girata, se pur non deve necessariamente contenere una specifica formula dalla quale risulta il rapporto di rappresentanza, sia tale da esplicitare un collegamento tra il firmatario e l’ente, così che non vi siano dubbi in ordine al fatto che la dichiarazione cartolare sia stata emessa dal sottoscrittore in nome e per conto dell’ente. In base a questi principi si è affermato che incorre in responsabilità per il pagamento dell’assegno la banca che, nel necessario diligente controllo della legittimazione, ometta l’uno o l’altro degli accertamenti suddetti.

Nel caso in particolare, la banca ha trascurato l’accertamento che la girata dell’assegno, tratto sul conto della società, fosse stata sottoscritta in nome e per conto dell’ente. Pertanto, il ricorso è stato ritenuto infondato perché per la Suprema Corte la sottoscrizione di girata di un assegno, per rispondere ai requisiti prescritti dall’art. 11 r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736 improntati al rigore formale delle obbligazioni cartolari, deve soddisfare alle esigenze di chiarezza, univocità e certezza, che non consentono di applicare le norme generali sulla rappresentanza ne la possibilità di desumere la provenienza della sottoscrizione da elementi extra cartolari: pertanto, qualora l’assegno sia girato da un ente collettivo, quale una società commerciale, è richiesto che la dicitura di emissione o di girata, se pur non deve necessariamente contenere una specifica formula dalla quale risulti il rapporto di rappresentanza, sia tale da esplicitare un collegamento tra il firmatario e l’ente, cosi che non vi siano dubbi in ordine al fatto che la dichiarazione cartolare sia stata emessa dal sottoscrittore in nome e per conto dell’ente. La regola stabilita dall’art. 18, comma quinto del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, per la quale la girata dell’assegno alla banca trattaria vale come quietanza, suppone che l’assegno sia pagato o accreditato allo stesso autore della girata, e non esenta la banca da responsabilità per il pagamento a favore di soggetto diverso dal legittimo portatore dell’assegno.(Simone Corradin – s.corradin@lascalaw.com)