18.04.2012 Icon

L’efficacia solutoria del pagamento effettuato mediante assegni bancari

 – in Banca, Borsa e Titoli di credito, n.1/12, pag. 35

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 17749 del 30 luglio 2009 ha avuto modo di pronunciarsi in merito al pagamento di un debito pecuniario mediante assegno.

La vicenda muove da un contratto preliminare di compravendita, parzialmente adempiuto dal promissario acquirente mediante la consegna di alcuni assegni bancari. Sopravvenuto il fallimento di questo, il Curatore aveva comunicato alla controparte di volersi sciogliere dal suddetto contratto e chiedeva, quindi, la restituzione della somma versata in acconto.

La Cassazione, nel confermare le decisioni dei giudici di merito, respinge le censure con cui la promittente venditrice, da un lato, negava di aver riscosso gli assegni, dall’altro, affermava che sarebbe stato onere del promissario acquirente provare la consegna e il pagamento dei titoli.

Il principio di diritto enunciato dalla Corte prevede che: “In caso di pagamento effettuato mediante assegni di conto corrente, l’effetto liberatorio si verifica con la riscossione della somma portata dal titolo, in quanto la consegna del titolo deve considerarsi effettata, salvo diversa volontà delle parti, pro solvendo, tuttavia, poiché l’assegno, in quanto titolo pagabile a vista, si perfeziona, quale mezzo di pagamento, quando passa dalla disponibilità del traente a quella del prenditore, ai fini della prova del pagamento, quale fatto estintivo dell’obbligazione, è sufficiente che il debitore dimostri l’avvenuta emissione e la consegna del titolo, incombendo invece al creditore la prova del mancato incasso, la quale, pur costituendo una prova negativa, non si risolve in una probatio diabolica, in quanto, avuto riguardo alla legge di circolazione del titolo, il possesso dello stesso da parte del creditore che lo ha ricevuto implica il mancato pagamento”.

In quanto mezzo di pagamento e titolo di credito pagabile a vista, che si perfeziona giuridicamente quando entra in circolazione, può pertanto legittimamente sostenersi che la prova dell’estinzione dell’obbligazione può validamente essere fornita dalla dimostrazione dell’avvenuta emissione dell’assegno.

Pertanto, una volta provata l’emissione del titolo, spetterà al prenditore – creditore, provare il mancato incasso producendo il titolo.

Vero è che trattasi di prova negativa ma, nel caso sottoposto al vaglio della Corte, il creditore non aveva dimostrato in alcun modo circostanze diverse dall’incasso che portavano a giustificare il mancato possesso del titolo.

Diversamente non potrebbe essere dal momento che essendo l’assegno assoggettabile alla legge di circolazione dei titoli di credito, il possesso da parte del creditore che lo ha ricevuto implica il mancato incasso della somma portata dal titolo.

Pertanto, ove il debitore dimostri l’emissione dell’assegno in adempimento al pagamento dovuto, se l’accipiens non produce il titolo, il pagamento si intende provato.

L’orientamento del 2009 è stato confermato da altra più recente sentenza in tema di caparra, la n. 17127/2011.

In tale occasione, la Corte è stata chiamata a verificare se l’effetto proprio della conclusione di un contratto di caparra possa avere luogo anche nel caso in cui venga consegnato dall’acquirente al venditore un assegno bancario, allorquando il detto assegno venga ricevuto dall’acquirente e dallo stesso non posto all’incasso.

La conclusione della Corte è stata per sanzionare “il comportamento del prenditore del titolo che, dopo averne accettato la consegna, ometta poi di porlo all’incasso, trattenendolo senza restituirlo all’acquirente”; e prosegue arrivando a ritenere tale modus operandi “contrario a correttezza e buona fede e comporta a carico del prenditore l’insorgenza degli obblighi propri della caparra: ove risulti inadempiente all’obbligazione cui si riferisce la caparra, egli sarà tenuto al pagamento di una somma pari al doppio di quella indicata nell’assegno”.Ora, tenuto conto della funzione dell’assegno bancario, la caparra ben può essere costituita mediante la consegna di un assegno bancario, perfezionandosi l’effetto proprio della caparra al momento della riscossione della somma portata nel titolo, e quindi salvo buon fine.

Deve dunque ritenersi che, allorquando il venditore accetti la dazione della caparra con assegno bancario, è suo onere quello di porre all’incasso il titolo, nel senso che, ove l’assegno non venga posto in riscossione, il mancato buon fine dell’assegno bancario – che preclude il raggiungimento dello scopo proprio della consegna della caparra – è riferibile unicamente al comportamento del prenditore. Il comportamento omissivo, oltre a violare quella regola di correttezza posta dall’art. 1175 c.c., sarebbe equiparato, a tutti gli effetti di legge, all’avvenuta esecuzione della diversa prestazione, con conseguente estinzione dell’obbligazione, ex art. 1197 c.c.(Cfr. Cass. n. 12079 del 2007).

(Carmela Prencipe – c.prencipe@lascalaw.com)