12.06.2013 Icon

La raccomandata per la disdetta del contratto di locazione, potrebbe non essere necessaria

Cass., 29 maggio 2013, Sez. III, n. 13449 (leggi la sentenza per esteso)

La Suprema Corte con la sentenza n. 13449 del 29 maggio 2013, in tema di locazioni, partendo dall’analisi di una questione inerente il presunto difetto di rappresentanza in capo all’ex locatore, che aveva inviato disdetta al conduttore quando ormai non era più proprietario dell’immobile locato, trova lo spunto per  confermare un consolidato orientamento giurisprudenziale, circa la libertà di forme che deve avere la predetta disdetta.

Invero, la vicenda nasce da una controversia sulla convalida della licenza per finita locazione in cui l’ex proprietario di un immobile locato, in virtù di una clausola inserita nel contratto preliminare di compravendita del medesimo immobile, e di cui il conduttore ne aveva avuto conoscenza, era stato incaricato dal promissario acquirente, ricevendone a tal uopo espresso mandato, di disdettare il contratto di locazione in corso.

Mentre i giudici di prime cure diedero ragione al conduttore, ritenendo che la disdetta intimata non fosse efficace, in quanto l’ex proprietario non aveva dichiarato di agire come rappresentante del nuovo proprietario e locatore, la Corte d’Appello riformò la sentenza impugnata, accertando la cessazione del contratto di locazione.

La Cassazione, investita della questione dal conduttore, respingendo i motivi del ricorso, ha confermato la decisione dei giudici di secondo grado, ed ha affermato che il ricorrente, conoscendo il contenuto del preliminare, avrebbe dovuto conoscere  anche “…l’esistenza di un mandato in esso incorporato…”.

La sentenza in commento però va oltre, e afferma come la decisione impugnata risulta essere corretta e conforme anche ad un orientamento consolidato della medesima Corte di Cassazione, “…la quale ha costantemente affermato, con riferimento alla disdetta, il principio della libertà di forme…”

Sul punto, infatti, v’è da dire che la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato come la disdetta sia un atto unilaterale e recettizio, che “…può essere comunicato in qualsiasi modo, purchè idoneo a portare a conoscenza del conduttore l’inequivoca volontà del locatore di non rinnovare il rapporto alla scadenza...”

Il concetto ribadito dalla Suprema Corte è che “…la stessa sua comunicazione (n.d.r. della disdetta) a mezzo lettera raccomandata, prevista dall’art. 3 della legge n. 392 del 1978, peraltro abrogato dall’art. 14 della legge n. 431 del 1998, non è forma prescritta a pena di nullità (confr. Cass. civ. 30 maggio 2008, n. 14486; Cass. civ. 12 gennaio 2006, n. 409; Cass. civ. 16 giugno 1998, n. 5981; Cass. civ. 23 novembre 1994, n. 9916; Cass. civ. 3 luglio 1979, n. 3763)”.

Questo ultimo concetto, è bene precisare, anche se tale precisazione non è riportata dai giudici della Suprema Corte nella sentenza in commento, deve comunque essere coordinato con una eventuale statuizione contrattuale  tra le parti, che preveda la forma scritta convenzionale della disdetta, la quale potrebbe essere interpretata non semplicemente ad probationem (tipica del principio della libertà di forme), ma addirittura ad substantiam, ossia necessaria per la sua stessa validità.

La Cassazione, infatti, in una sua passata decisione (Cass. civ. Sez. III Sent., 30-05-2008, n. 14486) sul punto di cui si discute, fa salva “la forma scritta convenzionale di cui all’art. 1352 cod. civ.” e tale ultima norma stabilisce precisamente che: “Se le parti hanno convenuto per iscritto di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un contratto, si presume che la forma sia stata voluta per la validità di questo”.

Quanto detto sopra vuol significare che, se le parti del tutto volontariamente – a prescindere quindi dal richiamo e o dall’applicazione di norme di legge – stabiliscono una forma particolare per la disdetta del loro contratto, detta forma potrebbe essere interpretata ad substantiam  e non semplicemente ad probationem.

Sul punto non sono mancate decisioni giurisprudenziali contrastanti che, anche se risalenti nel tempo, potrebbero comunque servir per far comprendere i diversi orientamenti giurisprudenziali.

Secondo un primo orientamento: “La clausola circa la facoltà di disdetta d’un contratto ad effetti duraturi nel tempo, a mezzo di lettera raccomandata da inviarsi entro in certo lasso di tempo prima della scadenza, con tacito rinnovo in caso di mancata disdetta, quanto alla forma si ricollega alla previsione dell’art. 1352 c.c., sicchè deve presumersi che le parti abbiano pattuito la forma scritta della lettera raccomandata per la validità della disdetta. Ne consegue che, ove si adduca l’efficacia di una disdetta comunicata con mezzo diverso dalla lettera raccomandata, non è ammessa la prova per testimoni o per presunzioni, giacchè altrimenti verrebbe disattesa la forma essenziale voluta dalle parti; resta salva peraltro la possibilità per la parte interessata di dimostrare l’invalidità per vizio del consenso della clausola come sopra ricollegabile alla presunzione legale ex art. 1352 c.c.” (Pret. Torino, 29-11-1995)

Secondo invece un secondo orientamento: “Le formalità per l’inoltro della disdetta del contratto di locazione pattuite contrattualmente o imposte dalla legge non sono previste e richieste ad substantiam, ma, più semplicemente, ad  probationem; ne deriva la possibilità di ricorrere legittimamente ad atti equipollenti alla forma indicata nel contratto o dalla legge, che siano dotati di un’efficacia pari a quella ex art. 3, l. n. 392/1978 (nella fattispecie, trattavasi di  disdetta effettuata a mezzo telegramma).” (Pret. Fidenza, 01-04-1990)

In conclusione, al lettore ed all’operatore del diritto si potrebbe dire, quindi, che sarebbe bene mitigare il suddetto principio di libertà delle forme della disdetta del contratto di locazione, di cui alla sentenza della Cassazione n. 13449 del 29.05.2013 in commento, con un’ulteriore affermazione, sempre della medesima Corte, espressa nella sentenza n. 14486 del 30.05.2008, con la quale si fa salva una eventuale “forma scritta convenzionale di cui all’art. 1352 cod. civ.”.(Fabio Carrozzo – f.carrozzo@lascalaw.com)