19.12.2017 Icon

Illiceità del patto commissorio contenuto nel contratto preliminare

Con l’ordinanza n. 23617/2017, la Suprema Corte ha statuito che il divieto di patto commissorio, di cui all’art. 2744 c.c., trova applicazione anche in relazione al contratto preliminare di compravendita, con conseguente illiceità della fattispecie negoziale conclusa tra le parti.

Nel caso in esame, il Giudice di prime cure accoglieva la domanda proposta da parte attrice e trasferiva a quest’ultima la proprietà dell’immobile oggetto del contratto preliminare sottoscritto tra le parti.

Veniva, invece, respinta la domanda riconvenzionale dei convenuti, i quali chiedevano che venisse dichiarata la natura simulata del contratto preliminare, in quanto dissimulante un mutuo con patto commissorio.

Tale pronuncia veniva confermata anche dalla Corte di Appello adita.

I convenuti decidevano, quindi,  di proporre ricorso per Cassazione, con il quale eccepivano che i giudici di merito avevano impedito che venisse accertata la natura simulata del contratto, con conseguente illiceità dello stesso per contrasto con il divieto di patto commissorio ai sensi dell’art. 2744 c.c.

Secondo un orientamento giurisprudenziale oramai consolidato e confermato dalla Suprema Corte con l’ordinanza in commento, il divieto di patto commissorio si estende a qualsiasi negozio, che venga utilizzato per la coercizione illecita del debitore. Detto patto può, poi, dirsi perfezionato anche attraverso più negozi tra loro collegati da un nesso teleologico (requisito oggettivo), i quali siano stati posti in essere dalle parti per il raggiungimento di un comune intento rappresentato da un fine ulteriore rispetto a quello tipico dei singoli negozi (requisito soggettivo).

Anche il contratto preliminare di compravendita, quindi, può incorrere, nel divieto di patto commissorio laddove l’obiettivo principale delle parti sia quello di  “costituire con il bene promesso in vendita una garanzia reale in funzione dell’adempimento delle obbligazioni contratte dal promittente venditore con altro negozio collegato”,instaurando, così, un collegamento negoziale e strumentale tra i due negozi.

Appare evidente, poi, l’illiceità del patto commissorio nel momento in cui le parti pattuiscano espressamente che l’effetto traslativo della proprietà si realizzerà in via definitiva solo a seguito dell’inadempimento del debitore-promittente e che, diversamente, la proprietà del bene rimarrà in capo allo stesso.

La Suprema Corte ha quindi accolto il ricorso dei convenuti e rinviato alla sezione della Corte territoriale.

Cass., 07/11/2017, n. 23617 (leggi la sentenza)Sara Severoni – s.severoni@lascalaw.com

© RIPRODUZIONE RISERVATA