18.01.2012 Icon

Il “giustificato motivo” nello jus variandi: primi orientamenti dell’ABF

– di Federico Ferri Luzzi, in Banca Borsa Titoli di Credito, n. 6/11, pag. 730

L’Autore, al fine di meglio comprendere la materia oggetto di esame, ha dapprima ritenuto opportuno ricostruire la disciplina vigente. Ebbene, con l’art. 10 d.l. 223/2006, poi convertito con legge 248/2006, il legislatore è intervenuto uniformando la normativa dettata per le condizioni contrattuali bancarie con quella prevista nel codice del consumo. In tal modo, è rimasta ferma la possibilità per gli istituti di credito di modificare unilateralmente le condizioni economiche applicate alla clientela, ma solo a condizione che sussista un “giustificato motivo” e che la variazione sia portata a conoscenza, in forma scritta, con un preavviso di almeno sessanta giorni. A sua volta, il cliente ha sessanta giorni per recedere dal contratto: in difetto, la modifica si intende approvata. Nel caso di mancato rispetto delle formalità che precedono, le variazioni sfavorevoli per i correntisti sono inefficaci.

La ratio della facoltà di scelta concessa alle banche risiede nel fatto che eventuali cambiamenti negativi degli indici economici, sebbene irrilevanti per il singolo contraente, potrebbero invece essere fortemente pregiudizievoli per chi ha in essere un numero elevato di rapporti contrattuali. In altre parole, lo scopo è, oltre a quello di conservare l’equilibrio delle prestazioni contrattuali, soprattutto quello di non far gravare esclusivamente sul contraente imprenditore le variazioni di mercato.

Tanto precisato, ricorre il “giustificato motivo” allorché, dunque, vi sia un evento idoneo a modificare in modo non sopportabile l’assetto economico che aveva indotto la banca a stipulare una serie di negozi giuridici con una certa categoria di clienti.

Sulla base di tale motivazione, ritiene l’Autore che, di conseguenza, la variazione sfavorevole per il cliente dovrebbe considerarsi come non apposta laddove in un secondo momento il giustificato motivo si rivelasse inesistente o con differente portata ovvero venisse meno.

In materia, l’Arbitro Bancario Finanziario si è pronunciato essenzialmente sulle modalità di comunicazione alla clientela. In particolare, il medesimo ha chiarito che, se anche non esiste una normativa che preveda nel dettaglio le forme di comunicazione idonee a precostituire la prova dell’invio e della ricezione, si devono applicare i normali criteri dettati in tema di onere alla prova, che in queste fattispecie ricade sulle banche.

(Simona Daminelli – s.daminelli@lascalaw.com)