21.03.2018 Icon

Se non lo vuoi, restituiscilo

Forse pare definitivamente risolta la questione afferente la restituzione, da parte dell’investitore, delle utilità ricevute in relazioni ad investimenti in seguito contestati e per i quali ha ottenuto la caducazione del contratto disciplinante la prestazione dei servizi di investimento.

Il principio consolidato, in seno alla Giurisprudenza di legittimità, è quello per cui “il risarcimento dev’essere quantificato come la differenza tra il valore di acquisto e quello al momento della domanda o quello precedente in cui il cliente abbia avuto consapevolezza della caduta del titolo stesso ed è necessario, ai fini dell’operazione di quantificazione, tenere conto della differenza tra l’investimento in origine effettuato, l’utilità tratta e il valore attuale delle obbligazioni” (così Cass. Civ., Sez. I, 24-1-2014, n. 1511; conforme anche Cass. Civ., Sez. I, 10-8-2016, n. 16939; Cass. Civ., Sez. I, 12-12-2013, n. 27875 e Cass. Civ., Sez. I, 29-12-2011, n. 29864).

Andando oltre tali valutazioni, la Suprema Corte pone al vaglio la questione anche con riguardo alla caducazione (e conseguenti effetti restitutori) del contratto disciplinante la prestazione dei servizi di investimento, ponendo al centro anche la valutazione dal punto di vista processuale (in assenza di domanda riconvenzionale).

Viene dato atto che “Al riguardo è stata, invero, dichiarata inammissibile la domanda nuova, con pronuncia sulla quale si è formato il giudicato interno; ma non l’eccezione di compensazione, formulata per l’intero e che non trova limitazioni in forza della prima pronuncia: ben potendo il soggetto, convenuto con una domanda di pagamento, eccepire il proprio maggior credito, fermo restando che, in concreto, l’eccezione potrà valere a paralizzare la pretesa altrui solo sino alla reciproca concorrenza (cfr. art. 1241 c.c.: «i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti»). Occorre, dunque, enunciare il seguente principio di diritto: «In tema di giudizi aventi ad oggetto rapporti di intermediazione finanziaria, ove sia stata dichiarata la nullità del contratto quadro su domanda dell’investitore non è precluso all’intermediario, che pure non abbia proposto la domanda di nullità anche degli ordini positivamente conclusi per il proprio cliente, di sollevare l’eccezione di compensazione con riguardo all’intero credito restitutorio che le deriva, in tesi, dal complesso delle operazioni compiute nell’ambito del contratto quadro dichiarato nullo”.

La conclusione presa dal Collegio investe anche il caso di vendita degli strumenti finanziari, dandosi atto del fatto che “Accertata la nullità del contratto d’investimento, il venir meno della causa giustificativa delle attribuzioni patrimoniali comporta l’applicazione della disciplina dell’indebito oggettivo, di cui agli artt. 2033 ss. c.c., con il conseguente sorgere dell’obbligo restitutorio reciproco, subordinato alla domanda di parte ed all’assolvimento degli oneri di allegazione e di prova, avente ad oggetto, da un lato, le somme versate dal cliente alla banca per eseguire l’operazione, e, dall’altro lato, i titoli consegnati dalla banca al cliente e gli altri importi ricevuti a titolo di frutti civili o di corrispettivo per la rivendita a terzi, a norma dell’art. 2038 c. c., con conseguente applicazione della compensazione fra i reciproci debiti sino alla loro concorrenza”.Cass., Sez. I Civ., 16 marzo 2018, n. 6664Paolo Francesco Bruno – p.bruno@lascalaw.com

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